La direzione del Colosseo dice no, almeno per ora, ad un video dei “The Carters” all’interno della settima meraviglia del mondo moderno. In via ufficiosa, come riporta il quotidiano Il Messaggero, la ragione del “no” alla copia più in voga del panorama pop attuale si celerebbe dietro ad una richiesta fatta all’ultimo minuto e alla “discesa in arena” di Alberto Angela. L’album “Everything is love”, nato da una collaborazione non solo nella vita, ma anche artistica e commerciale del duo Beyoncè & Jay-Z ha raggiunto dal 16 giugno 2018, data di pubblicazione, le vette di tutte le classifiche mondiali con oltre 80 milioni di visualizzazioni per il video del primo singolo estratto “Apeshit”. Sviluppatosi come terapia per ripercorrere le tappe della loro discussissima storia d’amore che sembrava essersi arenata negli ultimi anni, il disco è giunto quasi inaspettatamente nello stesso periodo in cui i due artisti lavoravano da solisti ai loro rispettivi album “Lemonade” e “4:44”.
Questo “figlio artistico” è a tutti gli effetti un punto d’arrivo a seguito delle accuse, neanche troppo fra le righe, fatte da Beyoncè per le numerose infedeltà coniugali del marito il quale risponde riscoprendo i valori familiari nel suo 4:44.
Ecco che dopo il temporale: “tutto è amore”. Contestualizzando l’obiettivo con cui è nato l’album nello strabiliante gioco coreografico del tour mondiale intitolato “On the run tour II”, ecco che si coglie a pieno la volontà dei The Carters di passare agli annali come una famiglia normale rivestita di lustrini, video commoventi e qualche abito di Balmain. Una sorta di ammenda pubblica di fronte al fatto che puoi essere Beyoncè, ma le corna non fanno piacere nemmeno se vendi milioni di dischi. Ai più non è sfuggito il grande eco commerciale nato da questa joint venture e non è un mistero che loro stessi si considerino ormai più un’azienda con tanto di nomi dei figli brevettati e tour sold-out. A prescindere dalle discutibilissime scelte in merito alla loro vita privata, bisogna riconoscere al duo il merito di aver sdoganato i video ad alto contenuto culturale.
Per il primo singolo estratto dall’album, la coppia non ha scelto una location a caso, ma proprio quel Louvre di Parigi simbolo dell’arte occidentale nel mondo. Il video è nato con l’obiettivo di riscontrare e analizzare in 4 minuti di coreografie, un principio neanche velatamente razzista che si celerebbe dietro una storia dell’arte millenaria. Se dovessi esprimere in poche battute il senso di Apeshit utilizzerei l’espressione seguente: “un’iniezione di “colore” in quell’arte che aveva sempre istituito l’uomo bianco come sua fautrice”. Con quest’idea in mente, si può comprendere la scelta di Queen B di farsi riprendere con modelle esclusivamente di colore in contrasto con opere che di soggetti afro-americani ne vedono ben pochi.
“Si parte dalla Nike di Samotracia, si prosegue con Madonna del cuscino verde di Solario, La Pietà di Rosso Fiorentino continuando con la Gioconda di Leonardo da Vinci, Le Nozze di Cana di Paolo Veronese e la Venere di Milo”. A conferma di questa teoria compio un rimando all’ultimo quadro che viene presentato nella lunga sequenza del video. Si tratta di Ritratto di negra di Marie-Guillemine Benoist, un dipinto realizzato sei anni dopo l’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi; esso rappresenta una donna nera per la prima volta non nelle vesti di subordinata, ma nella sua personale e gloriosa bellezza. Lo storytelling che si cela dietro quest’ambizioso progetto artistico incorniciato nell’opulenza del Louvre inizia quindi con una donna di colore (Beyoncè), sotto l’emblema della bellezza ellenistica rappresentata da Atena Nike e termina con un’altra donna di colore che prende prepotentemente la scena come bellezza della nuova società emancipata.
Una scena in particolare colpisce di questo video ed è quella in cui, tramite un’inquadratura in campo lungo leggermente contro-plongeè, osserviamo un gruppo di ballerine, con al centro Beyoncè, che ballano sotto L’incoronazione di Napoleone e Giuseppina di Jacques- Louis David considerata da molti storici dell’arte come l’inizio di un nuovo umanesimo bianco. Un’unica nota dolente che personalmente riscontro nel video sono gli outfit¸ per lo più di stilisti occidentali e bianchi come Burberry, Peter Pilotto, Versace e Alexis Mabille. Sempre a livello personale sostengo che la Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, forte emblema della donna bianca in un periodo politicamente concitato, sarebbe stato senz’altro più incisiva dell’incoronazione di David. A prescindere dai gusti personali, il Louvre ha guadagnato non poco in termini di visibilità da questa collaborazione al punto tale che è arrivato a creare un vero e proprio tour tra le opere di Apeshit molte delle quali sono state citate poco sopra. Questo progetto sarebbe servito anche a sponsorizzare la neonata sede del museo negli Emirati Arabi.
Analoga opportunità si è verificata poche settimane fa nella Capitale quando apparentemente, durante una delle due tappe italiane del tour, la coppia avrebbe fatto richiesta al MIBAC di ottenere i permessi per sviluppare un progetto non meglio precisato all’interno dell’Anfiteatro Flavio. Ebbene la risposta dell’ente è stato un secco no. Dal punto di vista temporale, la richiesta sarebbe stata presentata troppo tardi rispetto al lungo iter di accettazione necessario che prevede delle analisi sulla fattibilità seguite da verifiche da parte di periti sull’edifico. C’è anche chi afferma però che il tutto sia andato in fumo a causa (indirettamente, sia chiaro) di Alberto Angela, noto presentatore di Superquark, il quale si trovava già sul luogo negli stessi giorni per girare una puntata del programma.
Insomma, pare proprio che per problemi burocratici sia saltata, almeno per ora, la possibilità di vedere un nuovo video dei The Carters nella settima meraviglia del mondo moderno.
Fonti autorevoli affermano che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali sia subito corso ai ripari affermando che non è intenzionato a rinunciare all’interesse delle due pop-star che possono dare un grande impulso al turismo nella città. Già in passato, infatti, il monumento era stato utilizzato per una pubblicità della Pepsi che vedeva come protagonisti la stessa Beyoncè oltre alle cantanti Pink e Britney Spears. Poco dopo, come riportato da Il Messaggero¸ sono trapelate le motivazioni ufficiali che vedono Il Colosseo come “un luogo molto complicato che necessita delle dovute cautele e di sopralluoghi tecnici per valutare la qualità e l’impatto del progetto”.
Fortunatamente lo staff dei due artisti, su consiglio indiretto del MIBAC, ha fatto richiesta di un altro permesso che pare sia attualmente al vaglio dei responsabili. Per quanto lo status di star non ti legittimi a saltare una trafila burocratica, a volte la trafila stessa può diventare la zappa sui piedi di una sponsorizzazione regalata. Più di una volta mi è capitato di ascoltare qualche singolo estratto dall’album ipotizzando una loro possibile traduzione in qualcuno degli scenari mozzafiato che noi abbiamo a disposizione. Ora tuttavia capisco che le eccessive richieste, che non sempre si coniugano con una semplice tutela, rischiano di trasformare il nostro paese in una cartolina fissata nel tempo e succube di un eccessivo piano di conservazione che gli impedisce di raggiungere le future generazioni. Si pensi per esempio all’ambizioso piano per la costruzione dei nuovi Uffizi, glissato per un più modesto ampliamento in corso ormai da 10 anni; il motivo di questo cambio di rotta improvviso con progetti già alla mano è da imputare alla paura di deturpare lo skyline della città. Al Louvre non ci hanno pensato due volte quando nel 1993 hanno inaugurato la piramide di vetro in occasione dei 200 anni dall’apertura del museo. Il risultato fu il duplicarsi dei visitatori nel giro di un biennio. Allo stesso tempo, nonostante qualche lamentela, Londra ha accolto il grattacielo The Shard inaugurato nel 2012, edifico che si trova proprio a due passi dal Tower Bridge e dalla Torre di Londra.
Per quanto la tutela sia sacrosanta, a volte è essa stessa a impedire che il bene tutelato raggiunga il cuore di chi lo vede. Se riduciamo gli ingressi, accorciamo i tempi di permanenza e dirottiamo le visite costantemente per lavori, non dobbiamo poi lamentarci se gli ingressi calano. Col senno di poi, in virtù di quanto detto sopra, c’è da stupirsi se il Louvre ha battuto gli Uffizi in termini di visite? Assolutamente no. Evidentemente a loro va riconosciuto il merito di aver sviluppato un efficientissimo metodo di trasmissione dei loro contenuti, che annovera, tra le altre scelte, la collaborazione con figure di spicco provenienti da diversi campi. Questo a noi ancora manca. A cosa serve la mera contemplazione se chi si pone di fronte all’opera a mala pena sa chi sia l’artista? E ancora, citando Walter Benjamin, se oggi viviamo nell’era della riproducibilità tecnica di un’opera d’arte, perché non sfruttiamo ancora più intensamente i media quando ci viene offerta la possibilità? Perché non evitiamo di portare l’Italia verso un destino che la vedrà come una vecchia teca polverosa di un museo?
Per ora non ci sono risposte serie a questi quesiti. L’unica certezza è che dovremo aspettare ancora un po’ prima di vedere Beyoncè e Jay-Z mano per mano sull’Attico del Colosseo, là dove la città e il monumento si offrono al mondo in tutta la loro straordinaria bellezza.
Fonti: Il Mesaggero, Rolling Stones, Artitribune, Huffington Post, VanityFair, Architectural Digest, Vulture, Il Fatto Quotidiano