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Il sostituto Procuratore della Repubblica di Brescia Mauro Leo Tenaglia ha firmato una nuova proroga delle indagini sulla morte di Giuseppe Ghirardini, scomparso da Marcheno dalla sera del 10 ottobre 2015, due giorni dopo la scomparsa del suo datore di lavoro Mario Bozzoli, contitolare con il fratello Adelio dell’omonima fonderia.

Tracce di Ghirardini era state rilevate lungo la strada del Crocedomini la mattina del 11 ottobre, quindi la sua Nissan venne trovata parcheggiata alla Tonalina lungo i tornanti della 42 sopra Ponte di Legno venerdì 12 ottobre ed il suo corpo senza vita venne scoperto domenica 14 ottobre attorno alle 13.30 in un boschetto di larici e abeti accanto al torrente Frodolfo alle Case di Viso. I parenti di Beppe Ghirardini non hanno mai creduto al suicidio. Il primo maggio scorso a Lumezzane è stato presentato il libro dal titolo “Delitto quasi perfetto”sul caso della morte di Ghirardini. Il libro, scritto da Sara Pelizzari, bresciana e figlia del primo datore di lavoro di Ghirardini, ripercorre i primi giorni dopo la scomparsa di Mario Bozzoli quando Beppe Ghirardini prende la strada della Vallecamonica dove morirà. La sorella di Beppe, Mina, ha dichiarato all’autrice del libro: «Mio fratello non si è suicidato, è stato ucciso con la droga dello stupro». Anche il legale della famiglia ha depositato una memoria e le controanalisi scientifiche. La famiglia di Beppe Ghirardini non intende accettare l’archiviazione e probabilmente anche il libro di Sara Pellizzari è servito a smuovere le acque. Dopo che il sostituto Tenaglia, che ha ereditato l’indagine dopo la morte improvvisa del sostituto Alberto Rossi avvenuta il primo gennaio, ha firmato la proroga della indagini, la sorella Mina ha dichiarato la sua soddisfazione ed ha aggiunto che in ogni caso non si sarebbe fermata ad “una” verità, ma che avrebbe fatto di tutto per far emergere “la” verità. Lo stesso ha dichiarato l’avvocato Marino Colosio, che difende la ex-moglie brasiliana ed il figlio di Ghirardini avuto da lei, con l’augurio che questa seconda proroga delle indagini porti ad una conclusione alla quale le sorelle di Beppe erano arrivate con una perizia tossicologica sull’involucro contenente cianuro trovato nello stomaco del fratello, che non si sarebbe ucciso, bensì sarebbe stato avvelenato.