La definizione più corretta è: sindrome dell’intestino irritabile (IBS) dall’inglese Irritable Bowel Syndrome, in quanto in realtà non viene interessato solo il colon ma anche l’intestino tenue. Si tratta di una disfunzione intestinale caratterizzata da un complesso sintomatologico che comprende dolore addominale e irregolarità dell’alvo associati a gonfiore e distensione addominale. E’ una condizione molto frequente che interessa più del 10% della popolazione generale con una netta prevalenza del sesso femminile, soprattutto in un’età compresa tra i 20 e i 50 anni. Se ne distinguono 3 tipi principali: IBS con stipsi prevalente, IBS con diarrea prevalente, IBS con alvo alterno. La diagnosi è essenzialmente clinica e si basa sulla prescrizione di esami di laboratorio del sangue e delle feci, per escludere patologie infiammatorie o intolleranze alimentari e successivamente una eventuale colonscopia per escludere patologie quali la colite ulcerosa e il morbo di Crohn oppure la diverticolosi o ancora patologie tumorali del colon. I sintomi più tipici sono la diarrea, la stipsi o l’alternanza di stipsi e diarrea. Viene definita diarrea una condizione caratterizzata da più di 3 scariche al giorno mentre viene considerata stipsi una condizione caratterizzata da meno di 3 scariche alla settimana. Le feci dei pazienti affetti da IBS non evidenziano la presenza di sangue, né occulto né tanto meno manifesto. I sintomi sono il risultato dell’alterata motilità intestinale ,del colon in particolare, che determina un eccesso di contrazioni muscolari, provocata da un’aumentata sensibilità ai cibi, gas e feci presenti nell’intestino. Infine vi è una tendenza dell’intestino ad essere iper-reattivo a svariati fattori: gli alimenti, lo stress, le emozioni, le infezioni gastrointestinali, il periodo mestruale, che possono scatenare o amplificare i sintomi. La terapia prevede soprattutto una corretta alimentazione. Sono controindicati il caffè, gli alcolici e le bevande gassate, anche alcune verdure che fermentano nell’intestino vanno evitate: aglio, cipolla, cavolfiore, carciofi ed asparagi possono accentuare la sintomatologia. Vanno evitati i legumi. Tra i condimenti è da preferire l’olio extravergine di oliva al burro, al posto dell’aceto di vino meglio utilizzare l’aceto di mele o il limone. Ci sono invece dei cibi che sono ritenuti utili per ridurre la sintomatologia e le riacutizzazioni della malattia: le carni bianche sono da preferire alle carni rosse, la melanzana, il cetriolo, l’avena, la quinoa e l’avocado sono cibi che possono aver un effetto positivo. E’ poi molto importante una corretta idratazione: almeno 1,5 – 2 litri di acqua naturale al giorno. Fondamentale una costante attività fisica. Un’altra regola importante da seguire per favorire una corretta digestione e quindi per non sovraccaricare l’intestino consiste nel mangiare lentamente e masticare a lungo i cibi in modo che vengano il più possibile sminuzzati e messi a contatto con la saliva che contiene il lisozima, un enzima che ha azione disinfettante e le amilasi, enzimi che iniziano già in bocca la digestione degli amidi. Un ultimo consiglio è quello di non parlare mentre si mastica perché così facendo si deglutisce aria, accentuando il gonfiore e la distensione intestinale.
Gravedona: presentazione dell’offerta oncologica e radioterapica
Palazzo Gallio, a Gravedona, ha ospitato ieri pomeriggio l’incontro pubblico organizzato dall’Asst Valtellina e Alto Lario, in collaborazione con la Comunità Montana Valli del Lario