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Il Campione transalpino entra di diritto tra i grandi che hanno dato lustro alla Corsa Rosa. Con i tre successi, nel 1980 – 1982 – 1985, affianca nell’albo d’oro Merckx 2012, Gimondi 2013, Roche 2014, Moser 2015 e Baldini 2016. È stato uno dei corridori più forti di tutti i tempi. Uno dei 6 mostri sacri del ciclismo che hanno saputo vincere in carriera i tre Grandi Giri e non solo. Soprannominato le Blaireau (il Tasso), Hinault, si è aggiudicato il Giro d’Italia nel 1980, 1982 e 1985.

La Corsa Rosa lo ha voluto celebrare – nello splendido scenario del Teatro Gerolamo nel centro di Milano a due passi dal Duomo – insignendolo della Hall of Fame del Giro d’Italia. “Per me è un onore entrare nella Hall of Fame del Giro d’Italia, una delle corse che ho amato di più nella mia carriera. Questa riconoscenza è la stessa che io ho sempre avuto e avrò per il Giro, la sua passione e i suoi tifosi. Tutti i corridori stranieri che sono venuti in Italia a giocarsi questa grande corsa l’hanno sempre rispettata e dato tutto per vincerla. Il Giro è stato e sempre sarà una manifestazione internazionale di altissimo livello che tutti vogliono conquistare. La Maglia Rosa è un simbolo, una storia. Rappresenta un valore ed è bello andare a cercarla ogni giorno di gara. Per me la Maglia Rosa ha lo stesso valore intrinseco di altre maglie importanti che ho indossato come quella arcobaleno o quella gialla del Tour. Il mio successore nella Hall of Fame del Giro d’Italia? Faccio due nomi: Miguel Indurain e Giuseppe Saronni“, ha detto Hinault. “Ho visto il percorso di questo Giro100 e mi sembra molto bello. Ha tutto per essere avvincente fino alla fine: salite, cronometro e tante tappe insidiose. È veramente duro e completo. Credo che i favoriti possano essere Quintana e Nibali.”

Bernard Hinault ha partecipato a 13 grandi giri nella sua carriera, vincendone dieci e collezionando due secondi posti e un ritiro. Una percentuale di trionfi elevatissima, che diventa straordinario en plein al Giro d’Italia, a cui ha partecipato tre volte, senza conoscere sconfitta. Nel 1980, a 25 anni, prende il via nel suo primo Giro. A Roccaraso stacca tutti tranne Wladimiro Panizza: Hinault vince la tappa, l’indimenticabile Miro prende la maglia rosa. Ma il bretone è un gigante a proprio agio tra i colossi della sua stazza, come lo Stelvio, montagna su cui, a tre tappe dalla fine, il Tasso spezza il sogno rosa del varesino e ribalta il Giro. 1982: l’anno della prima leggendaria doppietta Giro-Tour, eguagliando Coppi, Anquetil e Merckx. Un Giro dominato, con un unico giorno difficile, un’unica salita indigesta: il Passo Crocedomini, quando fu preso nella morsa del tridente della Bianchi Piaggio: Prim, Contini e Baronchelli lo fanno soffrire. L’indomani a Montecampione la musica cambia, l’orchestra Bianchi non riesce a seguire il ritmo del solista bretone, la cui sinfonia rosa è irresistibile. 1985: un Giro “dei tunnel, più che delle vette”, scriverà qualcuno con poche montagne, favorevole – sulla carta – al cronoman Moser. Ma la strada non è di carta e il 30enne Hinault, nel pieno della maturità, vince la crono di Maddaloni e dopo 12 tappe si issa al comando del Giro. Inutile il successo di Moser nell’ultima frazione a Lucca. Anche nell’85 bisserà il Giro con il Tour.

Sei tappe, 31 giorni in rosa, tre trionfi su tre. Il numero perfetto: del resto è ritenuto uno dei tre colossi di ogni tempo, con Coppi e Merckx.