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Ossigenoterapia

L’ossigenoterapia consiste nel somministrare al paziente ossigeno tramite le vie aeree per consentire una adeguata ossigenazione del sangue, quando questa non è consentita a causa di una patologia cardiaca o respiratoria, acuta o cronica, che impedisce un corretto scambio gassoso tra sangue e aria inspirata a livello polmonare. Questo è ciò che avviene nella complicanza più frequente e temibile della infezione da covid 19 che è la polmonite interstiziale. In questo tipo particolare di polmonite non viene interessato l’interno degli alveoli (microscopiche cavità aeree in qui avvengono gli scambi gassosi tra aria e sangue) come succede nella polmonite batterica, ma vengono invece colpite le pareti degli alveoli che diventano diffusamente edematose ed ispessite impedendo il passaggio dell’ossigeno dall’aria proveniente dall’esterno al sangue. Il fatto che vengano interessate le pareti degli alveoli e non il loro interno, è il motivo per cui spesso la diagnosi non può essere fatta con una normale radiografia, ma si debba invece ricorrere ad una TAC HR (alta risoluzione). Quando la polmonite interstiziale è bilaterale ed interessa una percentuale più o meno elevata dei polmoni, può essere necessaria una ossigenoterapia che può essere effettuata in ambiente ospedaliero ma anche al domicilio del paziente. L’ossigeno si può utilizzare in due forme: gassoso e liquido.
Le bombole di ossigeno gassoso rappresentano la più semplice fonte di erogazione dell’ossigeno per ossigenoterapia.
La scelta della capacità della bombola deve tener conto della quantità di ossigeno richiesto dal paziente, e la prescrizione di una bombola da 500 litri piuttosto che di una grossa bombola da 8.000 litri dipende dalle necessità imposte dall’insufficienza respiratoria che si deve trattare. Vengono utilizzate soprattutto nella terapia d’urgenza e di breve durata.
Se invece si deve praticare una ossigenoterapia più prolungata è meglio ricorrere alle bombole di ossigeno liquido, che ha l’indubbio vantaggio di occupare uno spazio assai minore e quindi, a parità di grandezza della bombola, di consentire una somministrazione molto più prolungata.
Esistono poi anche i concentratori di ossigeno. Sono veri e propri elettrodomestici di dimensioni relativamente contenute che consentono, attraverso l’azione di filtri molecolari, di attivare una vera e propria produzione di ossigeno concentrato ottenuto dall’aria ambiente.
L’erogazione dell’ossigeno al paziente avviene principalmente tramite 2 presidi: le cannule nasali e la maschera.
Le cannule nasali sono chiamate anche occhialini perché si indossano come degli occhiali che al posto delle lenti hanno 2 tubicini che si inseriscono nelle narici. Hanno il vantaggio di permettere al paziente di nutrirsi e di parlare meglio, ma anche lo svantaggio di non dare la sicurezza di quanto ossigeno arrivi al paziente.
La maschera è più scomoda per il paziente, ma dà la certezza della più corretta inalazione dell’ossigeno, perché l’ossigeno arriva efficacemente ai polmoni sia che il paziente respiri col naso che con la bocca.
Esiste poi un tipo particolare di ossigenoterapia: l’ossigenoterapia iperbarica.
Consiste nella somministrazione di ossigeno puro, che avviene all’interno di camere iperbariche, speciali ambienti a tenuta stagna al cui interno è presente una pressione superiore a quella atmosferica mediante pressurizzazione con aria compressa, mentre il paziente all’interno respira ossigeno in un circuito chiuso, attraverso maschere, caschi o tubi endotracheali. Le sue indicazioni sono soprattutto: la malattia da decompressione dei subacquei, le ulcere cutanee gravi soprattutto nei diabetici, le fratture a rischio, l’osteomielite, le intossicazioni da ossido di carbonio.

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