Il GIP di Brescia, che ha confermato l’impianto accusatorio della Procura e disposto gli arresti per gli imputati nella maxi inchiesta Leonessa della Direzione distrettuale antimafia che approda davanti al Tribunale del Riesame dato che molti dei 69 arrestati finiti in carcere lo scorso 26 settembre, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, corruzione, indebita compensazione e emissione di fatture per operazioni inesistenti, hanno presentato ricorso al tribunale della Libertà per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Carlo Bianchetti su richiesta del sostituto procuratore Paolo Savio, titolare dell’indagine che ha coinvolto 200 persone.
Nel lungo elenco di imprenditori, pubblici ufficiali e colletti bianchi che chiederanno di uscire dal carcere, ci sono anche i vertici dell’Agenzia delle Entrate: il direttore della filiale di Brescia ed un funzionario, che devono rispondere di corruzione per aver intascato parte di una tangente da 65mila euro da un imprenditore di Sale Marasino che in cambio avrebbe ottenuto uno sconto da 20 milioni di euro sulle imposte da pagare dopo essere finito sotto inchiesta per fatture false. Anche il legale del commercialista in carcere per il filone di inchiesta sull’indebita compensazione dei crediti di imposta e su quello relativo alla corruzione di pubblici ufficiali ha chiesto l’annullamento della carcerazione al Tribunale del Riesame. Nei giorni scorsi il gip aveva già rigettato una richiesta di scarcerazione avanzata dal difensore del professionista che è rinchiuso nel carcere di Verona. Sceglieranno invece una strada differente i due finanzieri coinvolti nella maxi inchiesta, uno operativo a Brescia e l’altro a Pisogne, che dal carcere nel corso degli interrogatori, hanno ammesso la loro responsabilità in merito alle bustarelle incassate per agevolare i controlli fiscali ad alcuni imprenditori. Una collaborazione alla quale nei prossimi giorni potrebbe fare seguito la richiesta di modifica della misura cautelare.