Processo bis a fratelli, accusati di violenza sessuale ai danni di ospiti della casa famiglia gestita dai genitori a Berzo Inferiore, dopo che la Corte d’appello aveva annullato la sentenza di primo grado perché pronunciata senza che i giudici si ritirassero in camera di consiglio.
Stando agli atti, l’udienza era iniziata alle 11.30 e terminava alle 11.34 e la Corte d’Appello aveva sentenziato che: «Non si ha modo di sapere dove e quando c’è stato confronto nel collegio» e ordinò di rifare il processo. Nel luglio 2016 uno dei due era stato condannato a 6 anni e 6 mesi, davanti ad una richiesta del pubblico ministero di 4 anni, e per l’altro, per cui era stata chiesta l’assoluzione, la pena era stata di 1 e 11mesi. Al termine del processo a porte chiuse si è registrato il ribaltone, con il fratello prima condannato ora invece assolto e il fratello prima assolto ora condannato. Secondo la ricostruzione della Procura i due fratelli, tra il 2006 e il 2013, avrebbero costretto le giovani ospiti della struttura di recupero ad un rito di iniziazione a sfondo sessuale in un periodo quando la comunità ospitava solamente donne, mentre oggi assiste anche uomini in difficoltà. Era stata una ragazza, una volta concluso il percorso, a denunciare i fratelli Lecchi raccontando di essere stata obbligata ad avere rapporti quando aveva undici anni. Oltre alla giovane che ha dato il via all’inchiesta, nel frattempo diventata maggiorenne, sarebbero state altre 8 le vittime della coppia di fratelli anche se solo 3 si sono costituite parte civile nel processo, mentre una quarta ha ammesso di aver volontariamente deciso di avere rapporti con uno dei due imputati. La versione raccontata ai carabinieri dalle vittime era uguale nei dettagli e i rapporti avvenivano nella cantina della casa famiglia e per entrare in comunità le giovani erano costrette ai rapporti. Di quei momenti le ragazze ne avevano parlato tra loro durante la permanenza nella struttura di Berzo Inferiore, ma nessuna aveva trovato il coraggio di denunciare quanto accadeva. Solo una giovane si era confidata con gli assistenti sociali, ma non era stata creduta. Gli avvocati dei fratelli Lecchi aspettano ora le motivazioni della sentenza di primo grado e poi impugneranno tutto davanti alla Corte d’appello.