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Turismo? No, grazie.

a cura di ENRICO SARTI

Avrete capito che il titolo è una provocazione. Credo di potermela permettere per i tanti anni, passati in ruoli diversi, a favore di questo settore, tra cui molti decenni all’interno dell’ASCOM. Lasciamo, dunque, agli innumerevoli convegni, alle tavole rotonde, e non, ai vari confronti (e chi più ne ha ne metta), dove, inevitabilmente, non si parla, e non si è mai parlato, del turismo se non in termini fortemente propositivi e positivi. Ogni difficoltà può essere, però, superata da questa specie di lampada d’Aladino: problemi occupazionali, tutela del territorio, fonte di risorse economiche notevoli, sviluppo delle località turistiche. Tutto vero, ma, come ogni medaglia, esiste un rovescio. E difatti: località con non più di 600 abitanti, ma con alloggi ed abitazioni capaci di ospitare sino a 30.000 persone – ma solo una settimana o poco più all’anno – e dove, magari, taluni residenti tutto l’anno in quel paese non hanno una loro abitazione tra le migliaia che esistono; eppoi, le code chilometriche sulle strade, perché quelle poche sono molto percorse, oppure perché sono intasate da “turisti invasori”, di solito o prevalentemente milanesi; ed ancora: i prezzi molto elevati, aree picnic e pinete occupate da gente non sempre è capace di rispettare il territorio e la comunità che li ospita. Ecco queste problematiche debbono essere affrontate e risolte, se non si vuol dire addio al turismo del tutto, quale fonte di sostegno della nostra economia.

Dopo questa premessa, qualche riflessione, non senza precisare che situazioni a confronto del turismo nelle nostre valli, sono pressoché esclusivamente quelle dell’Alto Adige e della Valle d’Aosta. Immagino già la prima obiezione: “ma queste due regioni sono a Statuto speciale e dispongono di risorse non confrontabili con le nostre”. Risposta, la mia risposta: le risorse eccessive spesso giocano addirittura a sfavore, disincentivando l’imprenditorialità e l’impegno. 

Altro confronto significativo: la rete della viabilità; in bergamasca, è assolutamente inadeguata. Non è che quella delle regioni sopra citate sia notevolmente migliore rispetto alla nostra; la differenza è che la loro è così volutamente, mentre la nostra, no. In buona sostanza, quello della rete viabilistica di regioni come la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige ha un obiettivo, quello di disincentivare il famigerato “mordi e fuggi”, che è poi, a ben vedere, il peggio che ci si possa attendere per il turismo. Se venite da noi, nella nostra bellissima terra Bergamasca, almeno per una settimana (e non solo per un giorno, senza poter assaporare nulla), non sarà un problema allora mettere in preventivo di viaggiare un’ora in più; se, invece, venite solo da mattina a sera, quell’ora in più certamente vi scoraggerà e vi toglierà il gusto della gita, della vacanza.

Parliamo di promozione? Sarebbe meglio di no; tuttavia, non ne possiamo farne a meno se dobbiamo parlare di turismo. In tempi in cui si promuovono, almeno a livello regionale, le potenzialità turistiche siamo ancora al punto di non poter realizzare un depliant d’intesa tra due piccolissimi Comuni, ove magari i rispettivi Sindaci, oltre che essere amici, magari sono pure parenti tra loro, tanto sono piccole le nostre comunità montane, e ciò solo per il disaccordo sull’immagine della copertina, frutto dell’attaccamento al campanilismo: la mia montagna contro il tuo centro monumentale. Intanto, e per più di un motivo, i turisti si orientano e continuano ad orientarsi verso le località di montagna più prestigiose, più pubblicizzate, più facilmente raggiungibili, più organizzate per il turismo o, allo stesso costo e con un’ora di volo; oppure, addirittura, i turisti scelgono le località di mare, dove, oltre al tempo quasi sempre bello, non scatta il “coprifuoco” dopo le ore 20.00. E sì che alla terra bergamasca non manca niente, non manca davvero proprio nulla per poter aspirare ad avere un ruolo di prestigio, significativo, d’alta caratura qualitativa, come può legittimamente aspirare ad avere a pieno titolo. La nostra terra Bergamasca, insomma, è una “provincia speciale”, oltre che molto bella, di quella da amare. Tempo fa è stato effettuato il censimento dei beni di interesse storico e paesaggistico del nostro territorio, che ha portato ad un risultato incredibile. Molti volumi riportano riferimenti che interessano, praticamente, ogni comune bergamasco e che, purtroppo, sono spesso ignoti anche alla maggioranza degli stessi Bergamaschi, tanto legati ed amanti della propria terra, quanto (talora) davvero poco attenti a difenderla ed a valorizzarla nel giusto e legittimo modo.

Il nostro “petrolio bianco e verde” – se così si può dire – potrebbe bastare ed avanzare per anni ed anni: ma l’abbondanza, qualche volta si sa, gioca a sfavore.Prima di riservare l’attenzione alla città capoluogo ed alle valli, qualche doverosa ulteriore considerazione finale, e non già per ordine d’importanza: la regione Lombardia ha ritenuto, fino a qualche anno fa, il turismo una specie di “Cenerentola” della complessiva economia regionale, cosa dimostrata dai pochi, se non davvero scarsi, finanziamenti erogati a sostegno del settore. Ora, con il settore industriale in fortissima e drammatica crisi, la riscoperta e la doverosa attenzione, insieme ad adeguate risorse non solo economiche, ma anche progettuali, con idee nuove ed al passo con i tempi, potrebbero dare al turismo lombardo la giusta prospettiva, che legittimamente spetta. Un encomio ai tanti soggetti che a tutti i livelli, si impegnano nel sostenere il turismo Bergamasco e, tra loro, e sorprendentemente, a quelli, in particolare, di quelle zone che non abbiamo (certamente sbagliando), considerato, in altri tempi, importanti come la Bassa Bergamasca.


 

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