La frana di Tavernola non si arresta, ma nel suo movimento attivo, continua a rallentare: a segnalarlo solo le mire ottiche installate sul versante del Monte Saresano da Italsacci e il radar posizionato nei pressi del lungolago. Quotidianamente, Sergio Santambrogio, geologo incaricato, propone il report di quanto avvenuto durante la giornata e anche nelle ultime ventiquattro ore quasi tutti gli strumenti disponibili hanno fatto registrare scostamenti di pochi millimetri. Situazione mutata rispetto a due settimane fa, quando tutte le mire registravano spostamenti fino a due centimetri al giorno.
Da oggi con delle nuove rilevazioni del radar da terra si dovrebbe meglio comprendere quali porzioni della frana, stimata in 2 milioni e 100 mila metri cubi di materiale, siano più vicine al rischio di crollare. La frana, infatti, non è costituita da un corpo unico e alcune superfici sono più a rischio di altre. Non è quindi nemmeno possibile individuare un unico punto di rottura.
Per distacchi importanti come questo non esiste un unico punto critico, ma è immaginabile che i distacchi possano essere molteplici. Se la frana dovesse rallentare fino a fermarsi, resterebbe comunque incombente sopra il cementificio, sopra Tavernola e le provinciali chiuse da settimane. Per questo, tecnici ed esperti avanzano l’ipotesi che potrebbe diventare necessario intervenire per far scendere la frana in maniera controllata, per eliminare un nuovo rischio in futuro.
Soltanto quando la massa franosa si sarà assestata, si potrà valutare come intervenire. Si tratterebbe di un’operazione unica: non ci sono precedenti simili con frane così grandi e controllare la discesa di volumi così enormi non sarebbe semplice. I ricercatori dell’Università Bicocca di Milano stanno lavorando per prevedere come la frana potrebbe scendere verso il lago e presto un documento verrà presentato in Regione Lombardia. Alcuni ricercatori dell’Università di Bologna stanno invece producendo un modello per la previsione idraulica dell’impatto della frana sull’acqua.
F.M.