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Ritratti di donne normali straordinarie: Milena Picinelli

Milena sorride da dietro uno schermo, lo stesso davanti al quale si posiziona ogni mattina, ormai da troppo tempo. Tra un microfono acceso ed una telecamera spenta, continua a educare alla bellezza, finchè non cade la connessione. Poi si ricomincia. A Milena manca la scuola e mancano i suoi studenti. Sa che insegnare non è solo preparare una lezione e che un computer non riesce sempre a trasmettere gli stimoli di cui i più giovani necessitano. Ed è preoccupata soprattutto per gli alunni che dicono di amarla, la DaD, perché sono quelli che hanno maggior bisogno di presenza. E lei, una mano sulla spalla o un abbraccio non l’ha mai negato a nessuno.

«Dai, cominciamo» dice a quella schiera di ragazzi prima di avviare il power point e iniziare a spiegare ora la Rivoluzione russa, ora Pascoli, rigorosamente seduta sopra la cattedra. Il tempo si ferma e l’aula si trasforma nel Palazzo d’inverno, tutto dura il tempo di una lezione. Milena trasuda passione in tutto ciò che fa, la trasmette a chi ha davanti, lasciando a volte un’impronta indelebile nelle vite dei suoi alunni. Milena è schietta, dice quello che pensa senza troppe censure. E a volte gli studenti non capiscono, restano un po’ perplessi, magari la prendono in antipatia, ma poi crescono e si rendono conto che tutto ciò che ha detto era nel loro interesse. Milena difficilmente ti dirà che andrà tutto bene, preferisce dirti che potresti farcela – rigorosamente usando un condizionale che lascia il beneficio del dubbio-ma solo se ce la metti tutta.

Milena ci vede lungo, ha una capacità rarissima: quella di percepire le ali dei suoi studenti prima ancora che prendano una forma concreta. Poi insegna loro a volare. Coglie la passione nello sguardo di chi si accende non appena comincia a leggere una poesia, la penna facile di chi nei saggi brevi ci mette il proprio desiderio di scrivere. “Da adesso fino alla maturità, verrai qui a leggere i tuoi temi”, dice all’alunna timida che alza gli occhi al cielo per l’imposizione. Non è di certo un’idea allettante. Qualche anno dopo, però, sarebbe rimasta meravigliata nel momento in cui avrebbe capito che quella professoressa intransigente aveva visto il suo potenziale prima di tutti, anche di se stessa. E quei temi letti davanti ai compagni le danno la sicurezza per cominciare a scrivere sul serio.

Milena tutti i giorni pianta dei semi e sembra sempre sapere di quanta acqua e sole abbiano bisogno per sbocciare. Con pazienza si siede e aspetta, senza mai farli sentire soli. Anche da dietro uno schermo fa del proprio meglio per esserci, nonostante la paura che all’inizio della pandemia l’ha presa alla sprovvista, come tutti. Ma si è rialzata subito, scattante ed energica come sempre, perché essere forte era un dovere verso i suoi alunni: «se anche gli insegnanti si scoraggiano, come facciamo?» E con il suo modo di essere insegna ai ragazzi ad accettare la propria fragilità e diversità, ad abbracciarle e a non aver paura di non essere come gli altri.

Milena lo sa che basta incontrare un insegnante che ti dia fiducia per essere una persona fortunata, sa che gli insegnanti possono ferire, mortificare, far dubitare. Lo sa, perché anche lei ha avuto un maestro che davanti ai suoi temi le chiedeva chi glieli avesse fatti, una bambina non poteva certo scrivere così. Poi l’incontro fortunato è arrivato e un’altra maestra ha riconosciuto il suo valore. E le ha fatto venire voglia di farlo a sua volta. Dopo la laurea ci sono stati un paio di anni di vuoto, di lavori che le hanno fatto imparare molto, ma che non erano i suoi. Si aspettava il concorso, si viveva aspettando di realizzare quel sogno che ha sempre avuto dentro di sé, perché a volte insegnante si nasce. Arrivare a scuola è stata una conquista. Cercare di fare al meglio quel lavoro delicatissimo che è insegnare, una battaglia. Contro il tempo, i programmi ministeriali, la burocrazia, contro la società che ha sempre meno fiducia nella scuola e qualche volta anche contro se stessi e il proprio modo di essere o di fare.

Suona la campanella. “A domani, ragazzi” dice radunando libri, fogli, verifiche e dimenticando la chiavetta nel computer. Tra i banchi qualcuno sorride. Milena è quel tipo di insegnante che domani ci sarà davvero.

                                           Maria Ducoli

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