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Si riaccendono i riflettori sulla scomparsa di Fabrizio Garatti

 

Il pm di Bergamo Emanuele Marchisio ritiene che l’improvvisa scomparsa di Fabrizio Garatti, detto Biscio, il 47enne di Costa Volpino che dal 26 maggio 2016 non dà più notizie di sé, sia di natura non volontaria e che vada collocata nel contesto della sua “vita parallela”.

Lo ha detto in una nota di queste ore ritenendo che il Garatti sia implicato in attività illecite, ipotizzando traffico di stupefacenti e usura, fino al momento della sparizione. Attività che, secondo gli inquirenti, gli avrebbero consentito di accumulare quasi un 1.500.00 euro, trovati nascosti nel pollaio e nel box della casa del padre, ignaro di tutto. Il Pm ha anche sottolineato che tuttavia, le indagini non hanno permesso di acquisire idonei elementi dimostrativi né in ordine alla natura non volontaria della scomparsa di Garatti, né in merito a possibili responsabili della stessa. Il sostituto procuratore nei giorni scorsi ha presentato al GIP un’istanza di archiviazione del procedimento aperto per omicidio, fatta salva l’eventuale riapertura delle indagini in caso di nuove acquisizioni. Fabrizio Garatti, ufficialmente impiegato nella ditta del cognato, era sparito il pomeriggio del 26 maggio di tre anni fa e a dare l’allarme era la compagna che lo attendeva a casa a Gratacasolo. Il fuoristrada del Garatti era stato trovato in via Nazionale a Costa Volpino, nel parcheggio davanti alla farmacia. I Carabinieri di Clusone, nelle loro relazioni, hanno ricondotto la sparizione al mondo che frequentava: quello del narcotraffico dell’Alto Sebino. Garatti nel 2009 era stato arrestato perché sorpreso con 50 chili di marijuana. I Carabinieri hanno anche accertato che l’uomo aveva continuato ad avere rapporti con personaggi legati al traffico di stupefacenti. Vi era anche stata una scoperta clamorosa durante una perquisizione nella casa del padre a Costa Volpino il 2 giugno 2016: nel box, in una cassaforte nascosta dietro una finta parete di legno, erano state trovate banconote per 265.800 euro. Tre giorni più tardi, tornati in quella casa, in una nuova perquisizione, i Carabinieri avevano scoperto 8 mazzette da 300 banconote ciascuna da 550 euro, per un totale di 1.200.00,00 euro, sepolte in un vano di cemento armato creato sotto il pollaio. La compagna avrebbe ammesso che i soldi erano riconducibili all’attività della ditta in cui lavorava Garatti e a quella illecita del narcotraffico. La somma era stata sequestrata, ma la famiglia aveva tentato successivamente di impedirlo con alcune istanze in cui si sosteneva che i soldi erano da ricondurre all’attività del padre. Gli inquirenti avevano accertato però che l’uomo, in pensione dal 2001, dal 1998 al 2015 aveva dichiarato entrate annue per circa 15 mila euro, incompatibili con il tesoro nascosto tra pollaio e box e che nel 2015 aveva chiesto un mutuo per la ristrutturazione della casa e un prestito da 10 mila euro al figlio Fabrizio. Quest’ultimo dettaglio i carabinieri lo hanno scoperto da un’agenda su cui Fabrizio segnava nomi e cifre. Per gli investigatori erano le somme che il 47enne avrebbe prestato a tassi di usura e che gli avrebbero consentito di accumulare la ingente somma di denaro contante.

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