Il padre e il fratello di Sana Cheema, la 24enne che viveva a Brescia, uccisa in Pakistan nella primavera del 2018, dovranno rispondere di omicidio, con l’aggravante della premeditazione.
In un pirmo tempo, dopo la morte violenta della ragazza, In manette erano poi finiti un vice ispettore di polizia e un dipendente dell’Agenzia di Scienze forensi del Punjab, accusati di aver intascato una bustarella per alterare l’esame autotptico di Sana e e attribuirne la morte a “cause naturali”. Il padre, il fratello e lo zio confessarono in seguito di aver ucciso la giovane, perché aveva disonorato la famiglia rifiutando un matrimonio combinato, ma poi ritrattarono la confessione. Infine l’assoluzione per mancanza di prove e le nuove indagini della procura generale di Brescia, concluse con l’accusa da parte del procuratore generale di Brescia Pierluigi Maria Dell’osso verso i due uomoni che avrebbero “cagionato la morte di Sana per asfissia meccanica violenta mediante strangolamento, annullando così diritti politici sociali fondamentali e assoluti della ragazza, uccisa per aver ripetutamente rifiutato il matrimonio deciso dai congiunti”. Non solo: il padre della ragazza deve rispondere anche di maltrattamenti in famiglia. Sana sarebbe infatti stata aspramente rimproverata dall’uomo “per il suo modo di vivere in contrasto con le tradizioni della famiglia e della casta. Il 20 novembre l’aveva anche picchiata con un oggetto in legno mentre una volta in Pakistan le aveva tolto il passaporto per non farla tornare in Italia” ha spiegato il procuratore generale. A Brtescia, Sana aveva incontrato il ragazzo con il quale si era poi fidanzata e che voleva sposare. Poi il ritorno in Pakistan, dove nel frattempo si erano trasferiti i genitori, per una vacanza. A dare l’allarme erano stati alcuni amici, che avevano visto in rete un video del funerale di Sana. Secondo la famiglia, la ragazza sarebbe morta in un incidente, ma l’autopsia ha stabilito che Sana è stata strangolata.
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