Esattamente 173 anni fa moriva a Bergamo Gaetano Donizetti. Aveva solo cinquant’anni, e pochi giorni dopo il decesso venne effettuata l’autopsia: sifilide meningovascolare. Nel 1845 gli ultimi trionfi, la gloria e il successo si accompagnarono al peggioramento delle sue condizioni di salute. Lo sguardo spento, il carattere chiuso e diffidente, le manie di persecuzione: la sifilide lo aveva reso pazzo e il nipote lo internò nel manicomio d’Ivry-sur-Seine con l’inganno. Riuscì ad uscire solo qualche mese prima della morte, grazie all’impegno degli amici che lo riportarono a Bergamo, nel palazzo Basoni Scotti.
Prima di ammalarsi, Donizetti era stato un bambino innamorato della musica. Nato in una famiglia molto povera, a nove anni iniziò a frequentare la scuola caritatevole di musica, oggi Istituto Superiore di Studi Musicali “Gaetano Donizetti” (conservatorio di Bergamo). Fu un suo insegnante, Mayr, ad accorgersi del talento del ragazzo e ad avviarlo a Bologna, dove proseguì gli studi musicali. Qui, Donizetti scrisse la sua prima opera teatrale, Il Pigmalione.
Venezia, Roma, Napoli: Donizetti collezionava esperienze formative nelle città d’arte italiane. Il suo primo grande successo internazionale arrivò nel 1830 con l’Anna Bolena, scritta in un solo mese per il Teatro Carcano a Milano. Il trionfo dell’opera portò Mayr a rivolgersi a Donizetti chiamandolo “maestro”. Ruoli capovolti, affetto e stima reciproci immutati.
Da questo momento in avanti, la carriera del compositore andò a gonfie e vele. Elisir d’amore, Lucia di Lammermoor, Don Pasquale: alcuni dei suoi trionfi. Certo, ci sono anche i fiaschi, gli insuccessi come Ugo, conte di Parigi, i dolori e i lutti. Prima quello del figlio primogenito, poi, nel 1835, quello dei genitori e della seconda figlia e, infine, quello della terza figlia e della moglie solo due anni più tardi.
«Senza padre, senza madre, senza moglie, senza figli… per chi lavoro dunque? Tutto, tutto ho perduto» scriveva Donizetti nei momenti di maggior sconforto. Eppure, non smise mai di lavorare. Visse per un periodo a Parigi, ma fu l’invito del Rossini a dirigere l’esecuzione dello Stabat Mater a Bologna l’avvenimento più significativo. Poi partì alla volta di Vienna, grazie a una raccomandazione per Metternich scritta da Rossini stesso.
Donizetti, l’8 aprile 1848 se ne andò lasciando al mondo un’eredità musicale preziosissima. In sua memoria, Bergamo gli ha intitolato il teatro comunale, il Museo donizettiano, la Biblioteca musicale e il conservatorio, oltre alla Fondazione Donizetti e al festival Donizetti opera. Il corpo può dissolversi, i pentagrammi restano e si imprimono nella memoria collettiva.
Maria Ducoli