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Darfo 1: la Shoah raccontata dai bambini

“Io chiedo come può l’uomo uccidere un suo fratello, eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento” cantava Guccini. È proprio da qui, da una canzone, che gli alunni delle classi quinte della scuola primaria di Darfo hanno iniziato ad affrontare il tema della Shoah. Un lavoro interdisciplinare, che ha coinvolto diverse materie da italiano a musica, passando per religione, storia e arte. Le attività sono state molte: letture, poesie, film, canzoni, per poi realizzare dei cartelloni con cui sono state decorate le ringhiere dell’edificio. «I bambini hanno potuto così toccare con mano tematiche delicate e importanti come quelle della Shoah, crediamo molto in ciò.» Ha spiegato la maestra Angela Sandrini. La risposta da parte degli alunni è stata ottima e raccontano con entusiasmo le attività svolte, come solo i bambini sanno fare, considerando fatti drammatici come questi con una profondità tutta loro, planando dall’alto per poi arrivare direttamente al centro delle cose.

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«Abbiamo potuto fare un lavoro di gruppo, sederci e colorare insieme. Non succedeva da tantissimo.» Sorridono, anche da dietro la mascherina. Le loro maestre non possono non fare altrettanto davanti alla semplicità di questi bambini con gli occhi che brillano per essere tornati a qualcosa di simile alla normalità.

«Anche il Covid ha fatto molte vittime, ma questo è un virus. Nella Seconda Guerra Mondiale l’uomo ne ha fatte molte di più, ed è preoccupante.» riflette Gabriel facendo un paragone con la situazione attuale. I parallelismi con il Covid non si fermano, Giovanni segue la scia del compagno e dice di aver capito cosa significhi essere rinchiusi, e che per quanto possiamo lamentarci delle varie restrizioni, siamo stati ancora più fortunati noi di Anna Frank. È sorprendente vedere quanto dei bambini di dieci anni abbiano da insegnare, e con che naturalezza lo facciano.

«Il razzismo esiste ancora, anche qui ci sono dei bambini che vengono presi in giro perché hanno la pelle di un colore diverso. E non è giusto» a parlare è Irene, che dal suo banco in seconda fila ha capito molto più di tanti adulti.

Se uno degli scopi principali di questi progetti è far riflettere, il risultato è stato senza alcun dubbio raggiunto. Lo conferma anche la maestra Francesca Garofanello, che con le colleghe ha lavorato sulle classi quarte inserendo la Shoah tra gli argomenti da sensibilizzare, insieme ai diritti dell’infanzia e alla disabilità. «I bambini hanno bisogno di fare questi laboratori, sentono la mancanza del contatto con gli altri, delle uscite o anche solo dei lavoretti. Non è una perdita di tempo, come alcuni tendono a pensare, assolutamente.»

La scuola non è solo verbi e tabelline, e istruire non è mai solo istruire: è dare gli strumenti che permettano di crescere al meglio e nel fare ciò l’educazione civica svolge un ruolo fondamentale. Potremmo paragonare le aule a delle serre in cui i semi vengono esposti alla giusta quantità di sole e di pioggia per poter diventare dei fiori colorati. Ognuno richiede un dosaggio diverso: tulipani, rose e narcisi non possono essere innaffiati allo stesso modo, e l’abilità dell’insegnante sta nel riconoscere il tipo di bocciolo che ha davanti. Il risultato è un’allegra mescolanza di tonalità differenti che riescono ad essere in armonia tra loro, ognuno con le proprie specificità. Perché, come ha riflettuto Arianna al termine del progetto sulla Shoah «essere diversi non significa essere sbagliati.»

Maria Ducoli

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