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Arazzi Fiamminghi, prolungata fino al 24 settembre l’esposizione a Gandino

Arazzi Fiamminghi, prolungata fino al 24 settembre l’esposizione a Gandino

E’ stata prolungata sino a domenica 24 settembre l’eccezionale esposizione nella Basilica di Gandino degli arazzi fiamminghi di norma conservati in Museo.  Il ciclo dedicato alla Vita della Vergine fa bella mostra nelle navate e sul presbiterio della monumentale chiesa dedicata a Santa Maria Assunta, in coincidenza con i 400 anni dalla posa della prima pietra della sua costruzione, poi completata con la consacrazione nel 1654. Gli arazzi potranno essere ammirati tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 17 (le visite sono sospese durante la celebrazione delle funzioni). Furono donati ad inizio ‘600 alla originaria chiesa di Santa Maria da Bartolomeo Castello, grande personalità gandinese dall’insospettato rilievo politico ed economico, il cui blasone compare in cima alle ricche bordure “a scomparti” caratterizzate da una commistione di vasi di fiori, figure allegoriche, decorazioni grottesche e medaglioni con scene di caccia. Ad indagarne genesi, storia e dettaglia è stato negli ultimi anni lo studioso Gianluca Selmi, che lo scorso 28 luglio ha proposto in Basilica questa storia “di commercio, arte e fede”. Selmi, restauratore tessile neo laureato, lo scorso 27 aprile ha discusso la propria tesi di laurea magistrale proprio sul ciclo sacro degli arazzi gandinesi
Secondo un documento del 1609, le tappezzerie ornavano le pareti del coro dell’antica chiesa di Santa Maria preesistente alla Basilica, con una precisa collocazione che rese necessaria (per esempio) la scissione su due diversi arazzi dell’episodio dell’Annunciazione. Gli arazzi costituivano una striscia narrativa agiografica a tutto tondo che coinvolgeva persino la coeva pala d’altare di Alvise Benfatto, raffigurante l’Assunta e attualmente visibile nel Museo della Basilica poiché sostituita nel ‘900 dalla tela con i Ss.Martiri Patroni di Ponziano Loverini. La tela del Benfatto fu commissionata da Giuseppe Del Negro nel 1603. Questi condivideva con Alessandro Castello, (nipote di Bartolomeo che era residente a Vienna) un ruolo importante nella gestione della Parrocchia di Gandino. “Come testimoniano le marche presenti sulle cimose dei panni, (BB per Brussels Brabant quale luogo di produzione) – ha spiegato Selmi –  la serie fu realizzata a Bruxelles, all’epoca il più importante centro per la tessitura di tali manufatti. Le botteghe responsabili furono quella di Cornelis Mattens e di suo figlio Hans e, sulla base delle cronologie più o meno note di questi tessitori, la finestra temporale per la datazione degli arazzi è stata collocata al primo decennio del XVII secolo. Invece, il cartonista, ossia il pittore incaricato di dipingere i modelli poi usati come guida dagli arazzieri durante la tessitura, al momento è destinato a rimanere anonimo. Quest’ultimo, sicuramente fiammingo, per la realizzazione delle composizioni ha usato come punto di partenza diverse fonti del panorama artistico nordico, soprattutto incisioni, dimostrando al contempo di conoscere anche e l’estetica rinascimentale italiana, evidente soprattutto nelle architetture”. La serie è costituita da sei arazzi rappresentanti cinque episodi fondamentali della vita di Maria: Natività della Vergine, Presentazione al Tempio, Annunciazione, Visitazione e Transito della Vergine.
“Non esistono fonti d’archivio – spiega Francesco Rizzoni, rettore del Museo e custode della Basilica di Gandino – che descrivano la loro collocazione, tranne un breve accenno di Gian Andrea Querenghi in “Panegirici sacri” del 1719. Con il nuovo progetto di arredo della Basilica l’utilizzo degli arazzi venne meno perchè si commissionarono il coro ligneo con i banchi dei parati e le mostre d’organo con i rispettivi strumenti, pertanto vennero tolti e ripiegati in qualche armadio o cassone di sacrestia. Non vennero comunque né abbandonati né dimenticati ma utilizzati durante l’allestimento della galleria per la processione del Corpus Domini, come parte degli apparati effimeri. Probabilmente questo fu il loro uso fino al dopoguerra. Nel 1928, con la creazione del Museo trovarono qui degna collocazione, anche per merito della pregevole menzione del prof. Pinetti riguardo alla loro esposizione nella città di Bergamo, durante la visita di Sua Maestà il re Vittorio Emanuele III. Quando venne dismesso l’uso della galleria dei panni lana per la processione del Corpus Domini, gli arazzi vennero ricoverati nelle sale espositive e vi rimasero anche dopo la ristrutturazione del Museo avvenuta nel 1968, su disegno dell’architetto Sandro Angelini”. In occasione del quarto Centenario della Basilica e dell’esposizione degli arazzi sono stati realizzati degli Agnus Dei in cera commemorativi. Info al numero 340.6775066.

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