La crisi del turismo termale degli anni Novanta a Darfo Boario Terme ha lasciato un segno che perdura ancora oggi. Sono una decina le strutture alberghiere fatiscenti che difficilmente ora come ora potrebbero tornare ad ospitare turisti, visto che necessiterebbero di un restauro totale. La conversione di questi edifici in altre attività, tuttavia, è rallentata da un “vincolo alberghiero” introdotto sul finire del secolo scorso dal Consiglio comunale dell’epoca con lo scopo di arginare l’allarmante tendenza alla trasformazione degli alberghi in edifici residenziali, con il rischio della dispersione del patrimonio ricettivo della stazione termale.
“Si trattava evidentemente di misura eccezionale e transitoria, ma la stessa non è stata riveduta nemmeno nel lungo percorso preparatorio del vigente Piano di Governo del Territorio”, spiega Giampietro Ghilardi, proprietario dell’Hotel San Marco e responsabile del volantino “L’arciere”. Il vincolo di fatto “vieta interventi finalizzati al cambio di destinazione d’uso salvo i casi in cui l’Amministrazione Comunale, mediante apposita Delibera di Consiglio Comunale, ne consenta la trasformazione, anche verso la residenza e il commercio”.
Lo scorso anno l’Amministrazione comunale ha dato il via libera alla riconversione in negozi e appartamenti di tre edifici su cui il vincolo alberghiero è stato tolto: l’Hotel Ariston, il Miravalli e la pensione Ornella – tutte strutture chiuse sul finire degli anni Novanta – con l’obbiettivo di dare nuova vita a edifici oggi simbolo di degrado. “Riteniamo non sia sufficiente – prosegue Giampietro -. Sarebbe opportuno rivedere in primis il divieto di cambio di destinazione d’uso degli esercizi alberghieri, che obbliga i gestori a sottoporre i loro programmi di sviluppo all’approvazione del Consiglio comunale”.
Nel 1991 le strutture ricettive di Darfo erano 52, oggi sono circa venti tra B&B e Hotel. Di queste, solo 8 sono gestite direttamente dai proprietari e le altre sono in maggior parte prossime al fine dei contratti di gestione. “Chiediamo che venga allargato il ventaglio delle destinazioni d’uso ammesse, tenendo presente la vasta gamma delle moderne esigenze turistiche, che possono richiedere nuove destinazioni d’uso, che superino i settori oggi esclusi, con particolare riguardo alle attività di nicchia – conclude Ghilardi -. La possibilità di cambio d’uso verso le nuove destinazioni dovrebbe essere ammessa a tutte le strutture non operative da almeno due anni”.