Il Fegato è la ghiandola più grande del corpo umano. Può essere definito il laboratorio chimico del nostro organismo, al suo interno si svolgono delle reazioni chimiche di fondamentale importanza per la nostra vita.
Funziona da magazzino per il glicogeno, che è uno zucchero di deposito dal quale il glucosio viene immesso in circolo in caso di bisogno. E’ in grado di produrre la maggior parte delle proteine plasmatiche ed ha una funzione disintossicante rimuovendo la maggior parte delle sostanze dannose dal circolo. Produce inoltre la bile, che tramite le vie biliari si riversa nell’intestino, rendendo possibile la digestione dei grassi. Al fegato spetta anche la produzione di quasi tutti i fattori della coagulazione. E’ inoltre l’unico organo umano in grado di autorigenerarsi, se anche i 2\3 del fegato vengono asportati, in poco tempo si ricostituiscono riportando la ghiandola al suo peso e alla sua dimensione originale. Potremmo distinguere 2 tipi di patologie epatiche: quelle che interessano il parenchima epatico cioè la porzione ghiandolare e quelle che riguardano le vie biliari. La patologia più diffusa del fegato è la steatosi epatica che consiste nell’accumulo di grassi, soprattutto trigliceridi nelle cellule del fegato. Si distinguono due tipi di steatosi epatica: alcolica e non alcolica. In entrambi i casi la diagnosi si pone con esami ematici, che evidenziano un innalzamento delle transaminasi, e con l’ecografia che evidenzia un parenchima particolarmente compatto per il deposito di grassi nelle cellule. Entrambi i tipi di steatosi epatica regrediscono con una corretta alimentazione priva di alcol e povera di grassi. Se questo invece non si verifica, la steatosi può progredire verso la cirrosi che è irreversibile. Per cirrosi epatica si intende un sovvertimento della struttura del fegato causata dalla necrosi cellulare con rigenerazione anomala e conseguente formazione di noduli che comprimono i vasi sanguigni e le vie biliari intraepatiche. La cirrosi epatica può essere la conseguenza di una steatosi sia alcolica che non, ma anche di un’epatite cronica non curata adeguatamente. Clinicamente si manifesta con ascite, cioè la comparsa di un addome particolarmente globoso e gonfio per l’accumulo di liquido al suo interno, frequenti sono le complicanze emorragiche, conseguenza del fatto che viene meno la sintesi epatica dei fattori della coagulazione. In fase terminale compare la cosiddetta encefalopatia epatica con confusione mentale, assopimento, fino al coma, per l’accumulo di sostanze tossiche per il cervello, principalmente l’ammoniaca. Altre patologie del parenchima epatico sono le epatiti virali. Si distinguono 3 principali tipi di epatite: l’epatite A, B e C. L’epatite A è quella che viene trasmessa per via orofecale, ossia mangiando cibi o bevendo acqua contaminati dai virus, una fonte comune di infezione sono i molluschi non sufficientemente cotti. L’epatite A è la forma più benigna e va quasi sempre incontro a guarigione completa. L’epatite B e C si trasmettono invece per via sessuale o tramite scambio di sangue infetto. Sia l’epatite B che la C vanno spesso incontro a cronicizzazione, con conseguenti gravi complicanze, che vanno dalla cirrosi post epatitica fino al tumore del fegato. Per l’epatite B esiste la possibilità del vaccino che, fortunatamente è diventato obbligatorio nei bambini e viene praticato in 3 dosi la seconda a distanza dalla prima di un mese e la terza a distanza di 6 mesi. Per l’epatite C ancora non esiste un vaccino, ma da poco sono disponibili delle terapia altamente efficaci e ben tollerate. Sono terapie molto costose che vengono distribuite in centri specializzati ed in casi selezionati. La più frequente patologia delle vie biliari è invece la colelitiasi, ovvero la formazione di calcoli costituiti da colesterolo, sali biliari e calcio. Quasi sempre si formano nella colecisti, si tratta di un sacchetto posto sotto il fegato dove la bile si accumula per poi venir riversata nell’intestino, a seguito di una contrazione della colecisti stessa, passando dal dotto cistico e dal coledoco. Quando i calcoli sono piccoli possono incunearsi neldotto cistico impedendo il deflusso della bile dalla colecisti, provocando quindi un idrope colecistico che si può poi infettare dando luogo alla grave complicanza dell’empiema colecistico. La terapia della calcolosi della colecisti consiste nella colecistectomia, cioè l’asportazione della colecisti che viene eseguita per via laparoscopica, non praticando una incisione chirurgica, come succedeva in passato, ma tramite 3 piccoli fori praticati nella parete addominale.