Il 22 febbraio 2020 l’Ospedale di Bergamo convocò per la prima volta l’Unità di Crisi in risposta alla pandemia di Covid-19. Da lì a pochi giorni, il Pronto Soccorso di Bergamo e San Giovanni Bianco sarebbero diventati la prima linea nella lotta contro il virus e il territorio orobico sarebbe diventato l’epicentro della pandemia, con gli occhi del mondo puntati su Bergamo. Per testimoniare quei giorni drammatici, gli infermieri e i medici del Pronto Soccorso dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo hanno ideato uno spettacolo teatrale intitolato “Giorni muti, notti bianche”. Lo spettacolo, scritto e interpretato dagli stessi operatori sanitari protagonisti, andrà in scena il 16 e il 28 marzo al Teatro Sociale di Bergamo, il 18 marzo al Teatro San Filippo Neri di Nembro e il 15 aprile al Centro Culturale “Aldo Moro” di Orzinuovi. Il progetto teatrale è stato inserito nel calendario degli eventi di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023.
Il laboratorio teatrale che ha dato vita allo spettacolo è stato guidato dalla regista Silvia Briozzo e ha coinvolto tutti i partecipanti che hanno restituito e condiviso il proprio vissuto attraverso scritti e improvvisazioni sul palco, fino a dar corpo a un testo coerente e suggestivo, la cui drammaturgia è stata curata da Carmen Pellegrinelli. “Giorni muti, notti bianche” è uno spettacolo corale che racconta lo smarrimento di fronte a un evento inaspettato e di dimensioni smisurate. Non è composto da una linea narrativa lineare, ma è stato costruito come uno sviluppo temporale composto di tanti quadri che aprono e chiudono i molteplici temi portati dagli autori stessi.
Il dramma del Covid-19 è stato un’esperienza difficile per tutti gli operatori sanitari, che hanno affrontato la pandemia con coraggio e devozione. “Giorni muti, notti bianche” è un modo per fissare e dipingere quei giorni drammatici e strapparli all’oblio, condividendo con il pubblico la testimonianza dei medici e degli infermieri che hanno vissuto sulla propria pelle quella realtà. Lo spettacolo vuole raccontare l’umanità in tutte le sue pieghe, mettendo in gioco i corpi, i volti, le voci e i gesti degli operatori sanitari che hanno affrontato la pandemia.