Due incontri su temi di attualità ecologica ed economica e due libri di carattere storico di fresca pubblicazione, caratterizzano fra venerdì 15 e sabato 16 novembre le giornate conclusive del Festival del Pastoralismo 2019.
“Quando, nel 2014, il Festival del Pastoralismo di Bergamo ha preso avvio – sottolinea il presidente Michele Corti – non avrebbero scommesso in molti sulla sua continuità, giudicandolo argomento troppo di nicchia e, al più come un vezzo modaiolo un po’ folkloristico. Oggi, alla sesta edizione possiamo dire con sicurezza che gli scettici si sbagliavano. La transumanza (compresa quella alpina) è attualmente candidata a divenire “patrimonio dell’umanità” e, da pochi giorni, i formaggi delle Cheese Valleys orobiche – collegati all’esperienza della transumanza bovina dei bergamini – hanno consentito a Bergamo di fregiarsi del riconoscimento Unesco di Città creativa per la gastronomia. Sin dalle prime edizioni, il Festival ha puntato a fare delle cultura e della storia non solo un blasone utile per la promozione (l’heritage marketing di corto respiro) ma un fattore intrinseco ai processi sociali ed economici, in una fase storica in cui spesso dalla tradizione scaturiscono le innovazioni più interessanti e, dalla comprensione di processi e relazioni di lungo periodo, intuizioni, soluzioni, incentivi a superare le difficoltà della contingenza attuale”.
Venerdì 15 novembre alle 18.00 (sala di Porta S.Agostino a Bergamo, viale delle Mura), viene presentato il volume “Pastorizia nelle Alpi”, scritto da Giancarlo Maculotti e Mario Berruti, che offre una visione inedita e documentata del pastoralismo ovino camuno e dell’arco Alpino.
Sabato 16 novembre alle 10, sempre a Porta S.Agostino, verrà presentato il progetto “Natura Vagante”, finanziato dalla Fondazione Cariplo, che intende valorizzare in chiave ecologica (ripristini ambientali, apertura e mantenimento di corridoi ecologici) il pascolo vagante dei greggi bergamasco-camuni transumanti nell’ambito dei parchi fluviali del Brembo e dell’Adda. Il Festival partecipa al progetto con attività culturali e di divulgazione che non sono “accessorie” ma fondamentali, in un territorio antropizzato, per coinvolgere, non solo sul piano informativo, i cittadini.
Nel pomeriggio di sabato (ore 15.30) si svolgerà invece l’incontro dibattito “Chi lava la lana?”. “Si tratta di un tema – spiega Corti – che ha grandi implicazioni ecologiche ma anche culturali. Valorizzare le lane “nostrane” significa rievocare un pezzo di storia e avere a disposizione della materia per la realizzazione dell’abbigliamento tradizionale dei pastori, un abbigliamento che può anche essere proposto a chi vuole fare attività all’aperto e non vestirsi di fibre sintetiche ma di un materiale naturale e biodegradabile. Da anni c’è il problema del lavaggio della lana dopo la chiusura dello storico Lanificio Ariete di Gandino. Un problema enorme per i pastori di tutto il Nord Italia che non sanno dove portare la lana. La lana che rimane grezza non ha alcun valore e non viene ritirata da nessuno se non è destinata al lavaggio. Così si accumula e dopo alcuni mesi diventa “rifiuto speciale”, con relativi, assurdi costi di smaltimento per i pastori”. Le varie esperienze di valorizzazione delle lane autoctone dalla Val d’Aosta al Piemonte alla Brianza al Trentino al Veneto rischiano di interrompersi se non si trovano soluzioni (economiche, logistiche, di impatto ambientale) al problema lavaggio. Così il festival, insieme al Comune di Gandino, si è fatto promotore di un incontro per un confronto tra tutti gli interessati alla ricerca di soluzioni.
Sempre sabato 16 novembre, alle 17.30, c’è un evento che riguarda un personaggio, Giuseppe Facchinetti, “il re dei pastori”. “Divenne grande commerciante di pecore, – spiega Corti – aveva venti pastori-garzoni alle sue dipendenze, operava a Milano e raggiunto l’apice del successo, a 50 anni, decise di pubblicare a proprie spese La slacadùra di tacolér, ovvero il dizionario del Gaì, la parlata pastorale che diffuse in tutto il bresciano e bergamasco. Ne donò copia a centinaia di pastori perché non si dimenticassero del loro gergo e restassero vicini alle proprie radici. Il libro, edito dal Centro Studi Valle Imagna, è opera di Giacomo Goldaniga ed Emilio Gamba, e viene proposto unitamente alla ristampa del dizionario Gaì. Info complete su www.festivaldelpastoralismo.org