Continua anche in questo numero l’analisi dello strumento della donazione. Molti sono gli aspetti che è opportuno conoscere. Analizziamo il tema della donazione modale con un esperto, il dr. Paolo Divizia, Notaio con sede a Bergamo ed ufficio secondario in Valle Brembana a San Giovanni Bianco.
Notaio, cosa si intende per donazione modale? «Andiamo con ordine. Prima occorre ricordare in che cosa consiste la donazione. La donazione è il contratto col quale una parte, “il donante”, intenzionalmente arricchisce l’altra, cioè “il donatario”, disponendo di un proprio diritto – o obbligandosi a disporne – senza conseguire un corrispettivo».
Quindi, dal lato di chi riceve, si verifica un arricchimento? «Esatto. Da un lato troviamo la manifestazione di volontà del donante di arricchire l’altra parte senza corrispettivo, dall’altro troviamo la volontà del donatario di accettare l’arricchimento. Attenzione. Il consenso di chi riceve è fondamentale. Ed è a presidio della libertà del donatario. In parole semplici, l’arricchimento è sì lecito, ma solo se vi è il consenso di chi lo riceve».
Scusi Notaio, ma capita che qualcuno possa non gradire questo “arricchimento”? «Proprio così. In alcuni casi, vi possono essere motivazioni di carattere etico alla base del rifiuto della donazione. Questo è il caso di chi “non vuole aver nulla a che fare” con quel parente o quella persona dalla discussa moralità. In altri casi, il rifiuto si fonda proprio sul tema di oggi, ossia l’apposizione di un modo alla donazione. Si pensi al caso in cui Tizio dona a Caio una villa con l’onere di provvedere alla manutenzione della stessa. Se i costi di manutenzione fossero molto alti, il donatario Caio potrebbe preferire di non ricevere nulla piuttosto che affrontare i costi “salati” dell’intervento manutentivo (da affrontare con denaro proprio, si badi)».
Ma quindi sarebbe un donazione con un obbligo collegato? «Esatto, in questo consiste l’onere o modus. È infatti possibile gravare la donazione con un modus: esso limiterà l’arricchimento del donatario imponendogli l’esecuzione di una prestazione a vantaggio del donante o di soggetti terzi, ai sensi dell’art. 793 c.c. Vi è però un limite. Il modus non può impoverire del tutto il vantaggio attribuito dalla donazione, altrimenti ne resterebbe travolta la stessa funzione del contratto qui in disamina; riprendendo l’esempio di prima, se la villa donata vale un milione, il peso massimo dei costi di ristrutturazione e manutenzione della stessa non potrà mai superare la soglia di valore di un milione. Altrimenti, nel patrimonio del donatario si verificherebbe un impoverimento e non già un arricchimento».
Scusi Notaio, ma se chi riceve poi non dà seguito all’obbligazione? «Questo profilo è più complesso e va distinto caso per caso. In linea di principio, in caso di inadempimento dell’onere per causa imputabile al donatario-debitore, il donante può agire per “lo scioglimento” del contratto soltanto se la risoluzione è prevista nel contratto stesso; si tratta di un’ipotesi di impugnazione di negozio giuridico per una sopravvenuta circostanza. Se nel frattempo il donante fosse morto, saranno legittimati all’azione gli eredi del donante. È esclusa la possibilità del risarcimento dei danni a favore del donante.
Se invece l’inadempimento dell’onere dipende da causa non imputabile al donatario-debitore, si ha semplicemente estinzione dell’obbligazione modale».
Ancora due precisazioni… «La Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. II, 7.04.2015, n. 6925) ha di recente precisato che la presenza del modus non snatura l’essenza della donazione: la causa dell’atto è sempre lo spirito di liberalità anche se, accanto a questo, si pone un interesse del donante che trova realizzazione mediante l’adempimento dell’onere. Il contratto resta quindi una donazione e non rientra nella categoria dei contratti a titolo oneroso, in quanto il modus non assume la veste di corrispettivo.
Questo aspetto ha due essenziali conseguenze. In primo luogo, il bene oggetto di donazione modale, al pari di tutti gli altri beni, è assoggettato all’obbligo di collazione. In secondo luogo, a livello fiscale, seppur si è detto che l’onere non ha natura di corrispettivo, ciò comporta comunque una diminuzione del valore della donazione; pertanto, la determinazione del valore da considerare, ai fini del pagamento delle imposte, deve essere effettuata tenendo conto del valore dell’onere, che, quindi, deve essere detratto dal valore del bene donato».