Spossatezza, affanno da sforzo e tachicardia. Sono questi alcuni dei sintomi che attanagliano in media un paziente su due guarito dal Covid. È quanto emerso dallo studio clinico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, capoluogo di una delle province più colpite dal virus nel corso della prima fase della pandemia. I dati raccolti sono relativi ai pazienti guariti dal Covid-19 e transitati dall’ospedale di Bergamo, da quello di San Giovanni Bianco e dal Presidio Medico Avanzato alla Fiera.
“Surviving COVID-19 in Bergamo Province: a post-acute outpatient re-evaluation”, è questo il titolo dell’analisi, pubblicata questo mese sulla rivista specializzata Epidemiology & Infection, che ha coinvolto 767 persone di età compresa tra i 20 e i 92 anni. Di queste, sono state ricoverate 668 persone e 66 di loro hanno avuto la necessità di ricevere le cure dei reparti di terapia intensiva, ovvero l’8,6% del totale.
Dai dati raccolti è emerso che 121 pazienti (16%) hanno perso in modo parziale la loro condizione di indipendenza, anche se soltanto 6 di loro sono diventati dipendenti da altre persone in modo moderato o grave. Una percentuale esigua di pazienti guariti (1,8%) non riesce ancora a svolgere le normali attività come lavorare e il 24% assume ancora farmaci prescritti durante il ricovero.
A livello psicologico, emerge un dato talvolta sottovalutato perché invisibile, ma che incide addirittura nel 30% dei pazienti: coloro che sono ancora alle prese con gli aspetti traumatici del virus. Casi diversi, esiti psicologici differenti, come era lecito aspettarsi. Ma è evidente come, anche a livello sociale, il Covid-19 abbia scardinato parte delle certezze dei malati. La solitudine, vissuta in ospedale così come presso il proprio domicilio, l’impossibilità di vedere famigliari e amici e la paura data dall’incertezza, hanno alimentato il disagio sociale e psicologico dei pazienti.