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Una finestra sul Mondo: l’Afghanistan e i diritti svaniti

Madri che lanciano i bambini oltre il filo spinato, ai militari britannici, tra le braccia della salvezza. Persone che si aggrappano alle ali dei pochi aerei che partono, alla ricerca della libertà. L’ultima scena simile risale a 20 anni fa. Erano i dipendenti del World Trade Center che, in balia della paura e della disperazione, si gettavano dalle finestre a centinaia di metri di altezza.

Sono queste le immagini che hanno illuminato i nostri schermi negli ultimi giorni, facendoci tremare le gambe. Non abbastanza, forse, perché le cose che non ci toccano in prima persona arrivano sempre in modo più tiepido.

Solo qualche mese fa, il presidente americano Joe Biden, durante la conferenza stampa indetta per annunciare ufficialmente il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, si chiedeva retoricamente perché gli americani avrebbero dovuto continuare a morire per aiutare un popolo che non sembrava avere la spina dorsale necessaria a lottare per la propria libertà, nonostante gli occidentali avessero fornito loro tutti i mezzi per contrastare una scontata offensiva talebana. Insomma, sembra dire Biden, tutto sommato agli afghani va bene così.

 

Domenica 15 agosto i talebani hanno preso Kabul, proclamando la nascita di un Emirato. Non è stato impegnativo il cammino verso il palazzo presidenziale: l’ex capo di stato Ashraf Ghani aveva lasciato il paese “per evitare un massacro”, come spiegò sui social. Sono stati attivati corridoi umanitari, il rimpatrio di ambasciatori, giornalisti e collaboratori è stato quasi immediato. In un paio di giorni sembrano venire spazzati via diritti e battaglie di decenni.

Nonostante le rassicurazioni dei talebani di un passaggio pagifico e senza vendette, la loro violenza è esplosa a Jalalabad, cuore delle celebrazioni annuali dell’indipendenza del Paese dall’impero britannico. Gli spari sui manifestanti non hanno tardato ad arrivare. Si rivendica la libertà nel bel mezzo della tragedia.

La guerra prosegue, i diritti svaniscono. Le donne scompaiono, dalle istituzioni e dalle strade, nascoste da strati di stoffa nera. Alcune hanno sfidato i talebani per le piazze di Kabul, brandendo dei cartelli che rivendicavano la loro esistenza. I talebani si sono presentati con dei toni moderati, promettendo il rispetto dei diritti di tutti purché sotto la sharia. L’impegno era lo stesso 25 anni fa, prima di impedire alle donne di lavorare, andare a scuola o uscire da sole.

Non è un paese per donne, l’Afghanistan, eppure sono loro ad essere la colonna portante, l’anima forte e corretta, della nazione.

                                   Maria Ducoli

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