In questi giorni, dopo il varo del disegno di legge di bilancio, infuriano le polemiche per il sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale. La premier Meloni ha dichiarato che il Fondo è in aumento e, essendo anche il PIL aumentato, ciò porterebbe a un maggiore investimento.
“Abbiamo accettato un contratto senza risorse economiche ma con qualche miglioramento normativo, – commenta Stefano Magnone, Segretario Regionale ANAAO-ASSOMED Lombardia – tutto da verificare nelle applicazioni pratiche. Abbiamo sperato in un maggiore investimento sul sistema e sul personale che ne è il nucleo determinante, qualche segnale con la NADEF era arrivato. La realtà, però, ci ha restituito una desolazione totale: un misero Fondo pari al 6,1% sul PIL, che significa nuovo disinvestimento, risorse per il nuovo triennio contrattuale pari a 2,3 miliardi da utilizzare anche per i non dipendenti e, come ciliegina sulla torta, un taglio alle future pensioni che sa di furto e di presa in giro. E tutto ciò mentre si alza il tetto del budget del privato accreditato e contrattualizzato, sancendo così la sua prevalenza rispetto a un sistema pubblico in crisi”.
Una crisi acuita, in Lombardia, dal fatto che il privato viaggia sopra al 40% e ancora resiste all’agenda unica e, di fatto, a essere parte del Servizio sanitario regionale, insistendo per restare autonomo e in gran parte autoreferenziale.
“I nostri calcoli, – prosegue Magnone – basati su dati ufficiali di Regione, vedono in Lombardia circa 1.400 medici e 160 dirigenti sanitari, esclusi i veterinari, potenzialmente in fuga per via di questo provvedimento. I ‘danneggiati’ sono i colleghi assunti prima del 1995 e con almeno 63 anni di età, a cui vanno aggiunti i colleghi più giovani che, con il riscatto di anni e anni, fino a dodici, hanno stipulato con grandi sacrifici un patto che ora viene violato. Non proprio noccioline, quindi, con una norma che si propone evidentemente di punire chi per anni ha sostenuto il sistema con il proprio lavoro, il sacrificio del proprio tempo libero e l’impegno in aziende pubbliche sempre più in difficoltà a causa di scelte sbagliate di programmazione nazionale e regionale, unitamente a direzioni strategiche non competenti, affiliate alla politica ed evidentemente propense a scegliere direttori che in molti casi non si sono rivelati all’altezza del compito, rendendo gli ambienti di lavoro insopportabili. Urge un cambio di rotta a tutti i livelli. Nel frattempo certamente la politica ha ottenuto l’unione di tutta la categoria in una rabbia che ha pochi eguali negli ultimi trent’anni. Ma, in buona sostanza, a rischiare letteralmente la pelle sono i cittadini, che si trovano con un servizio sanitario ormai già al collasso, come dimostrano le liste d’attesa e la fuga dei professionisti”.