Rischiano di restare impuniti i presunti assassini di Sana Cheema, la 24enne bresciana strangolata durante una vacanza in Pakistan, per aver rifiutato un matrimonio combinato. Il padre ed il fratello, accusati dell’omicidio, sono stati processati e assolti dal Tribunale pakistano per mancanza di prove.
Ma la Procura di Brescia ha riaperto il caso in Italia; ora, però, il padre 50enne e il fratello 32enne della giovane, accusati dalla procura generale di Brescia del delitto, non si trovano: nemmeno l’avvocato assegnato loro d’ufficio saprebbe dove siano e non li avrebbe mai nemmeno sentiti al telefono. Le indagini sono agli sgoccioli, ma di fatto è impossibile recapitare ai due uomini la richiesta di rinvio a giudizio. Se gli atti giudiziari non verranno recapitati il processo non potrà mai iniziare e i due la farebbero franca. I due uomini erano già stati processati, in Pakistan ed erano stati assolti per mancanza di prove. La svolta la scorsa primavera, quando il procuratore generale di Brescia Pierluigi Maria Dell’osso, che ora è in pensione, aveva aperto una nuova inchiesta, accusando i due uomini di omicidio, aggravato dalla premeditazione. I due sono accusati “di aver cagionato la morte di Sana per asfissia meccanica violenta mediante strangolamento, annullando così diritti politici sociali fondamentali e assoluti della ragazza, uccisa per aver ripetutamente rifiutato il matrimonio deciso dai congiunti”. Non solo: il padre della ragazza deve rispondere anche di maltrattamenti in famiglia. Sana sarebbe infatti stata aspramente rimproverata dall’uomo “per il suo modo di vivere in contrasto con le tradizioni della famiglia e della casta.” La 24enne, cittadina italiana, aveva vissuto a Brescia fino al gennaio del 2018: nella nostra città aveva incontrato il ragazzo con il quale si era poi fidanzata e che voleva sposare. Poi il ritorno in Pakistan, dove nel frattempo si erano trasferiti i genitori, per una vacanza. A dare l’allarme erano stati alcuni amici, che avevano visto in rete un video del funerale di Sana. Secondo la famiglia, la ragazza era morta in un incidente, ma l’autopsia ha stabilito che Sana è stata strangolata. In manette erano poi finiti un vice ispettore di polizia e un dipendente dell’Agenzia di Scienze forensi del Punjab, accusati di aver intascato una bustarella per alterare l’esame autoptico di Sana e attribuirne la morte a “cause naturali”. Il padre, il fratello e lo zio confessarono in seguito di aver ucciso la giovane, perché aveva disonorato la famiglia rifiutando un matrimonio combinato, ma poi ritrattarono la confessione. Infine l’assoluzione per mancanza di prove e le nuove indagini della procura generale di Brescia che però rischiano di chiudersi con un nulla di fatto. I due sono irreperibili e il processo a loro carico potrebbe non celebrarsi mai.