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Riconsegnate 4 opere restaurate da Fondazione Creberg

Nell’immagine: Ritratto del Vescovo Carlo Gritti Morlacchi, 1833,  opera di Francesco Coghetti

Concluso a Palazzo Creberg il restauro di importanti opere di ENEA SAMEGGIA, FRANCESCO POLAZZO, GIUSEPPE LUIGI POLI, FRANCESCO COGHETTI. I dipinti sono stati riconsegnati alle Parrocchie proprietarie e saranno visibili nelle Chiese del territorio bergamasco in cui sono collocate. Salgono a 81 le opere restaurate (117 i dipinti completati e riportati  all’originario splendore) dal 2008, anno di partenza della storica iniziativa.

Il progetto “Grandi Restauri” – nato nel 2008 – è sempre stato condotto in stretta collaborazione con la Diocesi di Bergamo, le Istituzioni del territorio e le competenti  Sovrintendenze. Alcuni interventi sono stati condotti in loco, altri – la quasi totalità – a Bergamo, nella Sala Consiglio del Palazzo Storico Creberg, in Largo Porta Nuova. Il “Laboratorio Creberg” – dove i restauratori hanno lavorato a cantiere aperto – è diventato una palestra di confronto che ha visto il passaggio di diverse professionalità favorendo un proficuo dialogo. Tutti gli interventi  sono stati documentati da relazioni, pubblicazioni, video, campagne fotografiche e, durante la pandemia, resi fruibili al pubblico attraverso una costante opera di divulgazione online dal sito web della Fondazione e dai social (Facebook, Instagram e Youtube).

Il 16  marzo sono stati restituiti alle comunità di appartenenza i  dipinti che, restaurati, restano disposizione del pubblico – ove e se possibile – nei giorni e negli orari di apertura  stabiliti dai rispettivi luoghi di culto nel rispetto delle normative sanitarie.

Enea Salmeggia detto Talpino (Salmezza, 1570 circa – Bergamo, 1626) Adorazione dei pastori, 1599 (olio su tela cm. 180 x 130) Chiesa di Sant’Andrea Apostolo, Bergamo (navata laterale sinistra). Restauro affidato a Giambattista Fumagalli.

Nato a Salmezza, nei pressi di Selvino, il Talpino trascorre gran parte della vita a Bergamo, nel Borgo San Leonardo. Conosciuto soprattutto come pittore di pale sacre, oltre alle  prestigiose commissioni avute da parrocchie di Bergamo e della bergamasca, nel 1596 viene chiamato ad eseguire l’Annunciazione della Certosa di Garegnano che gli schiude le porte della  committenza milanese.

 

Francesco Polazzo (Venezia, 1682 – Venezia, 1752) Pietro e S. Paolo con la Vergine e S. Barnaba in adorazione della Ss. Trinità (olio su tela cm. 320×210)  Cattedrale di Sant’Alessandro, Bergamo (cappella laterale sinistra) Restauro affidato ad Andrea Lutti e Sabrina Moschitta.

Come molti altri artisti veneziani o attivi a Venezia nel ‘700 quali Francesco Capella, Giambattista Tiepolo, Sebastiano Ricci, anche il Polazzo lavorò per numerosi committenti bergamaschi. Tra i rapporti più proficui e significativi si cita il lungo legame professionale con il Canonico della Cattedrale di Bergamo Giovanni Pesenti. Testimonianza interessante è infatti il ricco carteggio conservato presso l’Accademia Carrara, iniziato con l’incarico della pala per la parrocchiale di Sombreno del 1726 raffigurante la Madonna col Bambino, i ss. Fermo e Rustico e il conte Pesenti con la quale quest’opera – appartenente alla cattedrale di Bergamo – condivide lo sviluppo verticale, accentuato dallo sfondato nell’architettura. In terra orobica il Polazzo arriva a perfezionare la gestione delle figure nello spazio, complice forse l’influenza della pala dipinta dall’amico Sebastiano Ricci per la stessa Cattedrale. Francesco Polazzo dipinge i Santi Pietro e Paolo che, alla presenza della Vergine, affidano a San Barnaba l’evangelizzazione di Bergamo, simbolicamente indicata dalla bellissima mappa cittadina sorretta da due angioletti.

 

Francesco Coghetti (Bergamo, 1801 – Roma, 1875) Ritratto del Vescovo Carlo Gritti Morlacchi, 1833 (olio su tela cm. 200 x130) Cattedrale di Sant’Alessandro martire (sagrestia). Restauro affidato ad Andrea Lutti e Sabrina Moschitta.

Formatosi tra il 1816 e il 1820 sotto la guida del maestro Giuseppe Diotti alla Scuola di Pittura dell’Accademia Carrara e trasferitosi a Roma nel 1821, Francesco Coghetti riceve numerosi incarichi dal clero bergamasco e romano tra cui questo intenso ritratto firmato e datato sul piano in marmo del tavolo Coghetti di Bergamo F 1833. Più del nome di battesimo  che di fatto è assente, qui sembra contare la città di nascita, a orgogliosa conferma della provenienza orobica del pittore. Il committente è Carlo Gritti Morlacchi (Alzano Maggiore 1777 – Roma, 1852) che, Vescovo da pochi mesi, aveva chiesto al Coghetti di realizzare gli affreschi del tempietto di Santa Croce in Bergamo Alta. Carlo Gritti Morlacchi viene  ritratto in età matura ma l’incarnato del volto, perfettamente restituito dopo il restauro, mostra la compattezza e vivacità giovanile che il deposito di polveri aveva offuscato. I capelli soffici trattenuti dallo zucchetto, la fronte alta, i grandi occhi pensosi, il naso aquilino e le labbra sottili, connotano fortemente questo volto e lo inseriscono nell’ambito del ritratto naturalistico che – da Lotto a Moroni, da Ceresa a Fra Galgario – percorre tutta la tradizione bergamasca fino all’Ottocento e oltre. .

 

Giuseppe Luigi Poli (Alzano Maggiore, 1770 – (?), ante 1855)

San Michele Arcangelo, 1824 (olio su tela cm. 220×160) Cattedrale di Sant’Alessandro, Bergamo (depositi) Restauro affidato a Delfina Fagnani (Studio Sesti Restauri).

Quando Giuseppe Luigi Poli dipinge questa pala è trascorso molto tempo dal periodo  dell’educazione artistica avvenuta a Roma negli anni del Neoclassicismo e la sua  specializzazione in questo momento si orienta nel ritratto al naturale, in linea con la tradizione bergamasca. Per la figura di San Michele, la restauratrice non esclude, tra le possibili fonti di ispirazione, il Cristo risorto dipinto da Giovan Battista Moroni per la chiesa di San Martino a Sovere, quasi un omaggio al grande Predecessore.

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