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Quanto incide la spesa sanitaria su stipendi e risparmi delle famiglie a Bergamo?

Quanto pesano le spese sanitarie sui bilanci delle famiglie della provincia di Bergamo? Quanto incidono i costi di visite ed esami, spesso eseguiti attraverso il canale privato, su stipendi e risparmi? Per tentare di scoprirlo, la CGIL ha analizzato gli ultimi dati delle pratiche elaborate dai propri CAAF presenti sul territorio, a pochi giorni dal termine dell’ultima campagna fiscale.

Sono 38.356 (sui 59.298 totali) i contribuenti che, nel presentare la dichiarazione dei redditi 2022 per la campagna 2023 attraverso i nostri sportelli, hanno portato in detrazione spese per prestazioni specialistiche e pagamento di ticket sanitari (restano quindi escluse le spese legate all’acquisto di farmaci o dispositivi medici). Parliamo di un importo complessivo di 37.319.975 di euro. La media è di 973 euro a dichiarazione.

“Un importo elevato che ovviamente non può essere ricondotto al solo pagamento dei ticket, tanto più che nella nostra provincia le persone con almeno un’esenzione sono circa 500 mila. La cifra comprende, invece, la spesa per il ricorso a visite ed esami attraverso il canale privato”, ha commentato oggi Marco Toscano, segretario generale della CGIL di Bergamo. “Il rimborso medio è di circa 160 euro. Resta quindi a gravare sulle tasche delle persone una spesa di poco più di 800 euro”.

Ora, i dati del CAAF CGIL provinciale riferiscono che il 72% delle dichiarazioni presentate presso i nostri sportelli sono di redditi fino a 28.000 euro. Per la precisione il 19% fino a 15.000 e il 53% dai 15.000 e i 28.000. Questo significa che la spesa sanitaria di cui sopra ha gravato, nella maggioranza dei casi, su redditi tutt’altro che elevati.

“Questi dati bastano a mettere in evidenza le due emergenze che devono essere seriamente affrontate, ma che questo governo sembra invece scansare” prosegue Toscano. “Partendo dalla sanità: è necessario un vero investimento su quella pubblica, che consenta di potenziarla (con un piano di nuove assunzioni e il rafforzamento della medicina territoriale ed extra-ospedaliera) e abbia come naturale ricaduta l’accorciamento di liste d’attesa per visite specialistiche ed esami. Solo così si riduce il fenomeno dell’out of pocket, ovvero il mettere mano alle proprie tasche ricorrendo al canale privato a pagamento. Al contrario il finanziamento alla sanità pubblica in rapporto al PIL è destinato a diminuire nei prossimi anni, passando dal 6,7% del 2023 al 6,2% del 2026. Ricordiamo che sia la media Ocse che quella europea del rapporto spesa sanitaria/PIL è del 7,1%. Sappiamo che la legge finanziaria aumenterà la spesa sanitaria di 3 miliardi. E tuttavia quest’aumento nominale non recupera nemmeno l’effetto dell’inflazione e in termini reali la spesa per la sanità nel 2024 diminuirà dell’1,5%”.

“L’altra emergenza resta quella salariale” continua il segretario Toscano. “Il rapporto INPS 2023 ha messo bene in evidenza come l’inflazione cumulata per il periodo 2018-2022 ha colpito maggiormente i redditi medi e bassi, per i quali la perdita di potere di acquisto è oscillata dal 12 al 15%. La CGIL ha sempre sostenuto che punto centrale per affrontare la questione resta la contrattazione e che è necessario accelerare il rinnovo dei contratti scaduti da tempo. A questo si affianca la proposta sul salario minimo. Anche su questo fronte il governo ha deciso di aggirare la questione. La prima mossa è stata quella di chiedere un parere al CNEL che, nei fatti ha approvato a maggioranza (la CGIL è tra i componenti del consiglio che ha votato contro) un documento che ‘boccia’ l’ipotesi di un salario minimo. Ricordiamo inoltre che cinque dei componenti del consiglio del Cnel nominati dal Quirinale avevano proposto un emendamento che proponeva la sperimentazione di salario minimo in alcuni settori specifici. Tuttavia anche questa possibilità è stata bocciata. Alla Camera la proposta di legge avanzata dalle opposizioni (a esclusione di Italia Viva) è stata rimandata in Commissione Lavoro. Nei fatti l’attuale maggioranza si limita a rimandare la questione il più possibile, senza volerla affrontare”.

“L’inflazione galoppa, troppi contratti non vengono rinnovati, e intanto lavoratori e pensionati perdono potere d’acquisto. E se si deve far fronte a qualche problema di salute sempre più spesso ci si trova nelle condizioni di mettere mano al portafogli”.

Toscano fa poi un’ultima considerazione. “Tra i diversi canali attraverso cui viene finanziato il Servizio Sanitario Nazionale c’è l’IVA. Secondo i dati del MEF sull’evasione fiscale e contributiva, l’IVA non versata è stimabile in 22,9 miliardi di euro, poco meno del 20% del potenziale introito totale. Il governo non dovrebbe allora pensare a una seria lotta all’evasione fiscale?”.

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