Dopo sei mesi di intenso lavoro, l’importante intervento – affidato ad Antonio Zaccaria, con la Direzione di Angelo Loda – è concluso; dal 13 giugno al 4 luglio 2024 l’opera verrà esposta a Palazzo Creberg, con ingresso libero, prima della ricollocazione nella Chiesa Parrocchiale di San Pietro Apostolo in Trescore Balneario.
Dal 1988, anno della sua istituzione, Fondazione Credito Bergamasco è impegnata in molteplici ambiti di attività, che spaziano dalla salvaguardia del patrimonio storico e artistico alla promozione e organizzazione di eventi culturali (mostre d’arte con l’edizione di cataloghi e di pubblicazioni), dalla sussidiarietà e solidarietà sociale al sostegno alla ricerca medica e scientifica.
Nell’ambito degli interventi di salvaguardia del patrimonio artistico, con questo intervento salgono a 110 le opere recuperate dal 2007 ad oggi da Fondazione Creberg nell’ambito del Progetto “Grandi Restauri”: dipinti, pale d’altare, predelle, polittici, opere per la devozione privata appartenenti a chiese della Diocesi, Musei e Istituzioni del territorio (per un totale di 149 dipinti, considerando le singole opere componenti i polittici).
«La nostra attività in questo settore – puntualizza Angelo Piazzoli, Presidente di Fondazione Creberg – non si configura quale semplice “sponsorizzazione” che prevede l’erogazione agli Enti destinatari dei fondi messi a disposizione. Noi ci prendiamo in carico l’intervento “in toto”: dal supporto alle richieste di autorizzazione alla copertura assicurativa, dall’imballaggio al trasporto, dalla logistica alla selezione del professionista che effettuerà l’intervento, dai sopralluoghi durante le fasi di restauro alla ricollocazione del bene culturale, dalla comunicazione delle varie fasi di ogni intervento all’intensa attività espositiva e divulgativa nei confronti del pubblico, che da anni ci segue con grande attenzione e passione».
Continua Angelo Piazzoli: «Si tratta di un lavoro impegnativo che comporta molto impegno, tanto tempo e rilevanti risorse ma che offre, a noi e a chi ci segue, una consapevolezza ben più profonda di cosa sia la conservazione dei beni culturali per fini di pubblica fruizione. Fondazione Creberg è vicina alle Soprintendenze e alle Istituzioni perché ha a cuore la “tutela”, parola chiave presente già nell’art. 9 della Costituzione Italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”»».
L’ARTISTA
Sebastiano Ricci (Belluno 1659 – Venezia 1734) è stato un personaggio dalla professionalità estremamente sfaccettata: ufficialmente pittore e disegnatore iscritto regolarmente alla “fraglia”, ma all’occorrenza anche restauratore, caricaturista, consulente e mercante di opere d’arte, oltreché scenografo e impresario di teatro. Di origini bellunesi e cosmopolita nello spirito, fu a capo di una bottega molto prolifica e duttile alla quale partecipa anche il nipote Marco.
Egli diede una svolta decisiva alla grande pittura decorativa e di storia con importanti innovazioni in chiave rococò, ancor prima del celebrato Tiepolo al quale, di fatto, apre la strada.
La sua carriera si estende tra la fine del XVII secolo e i primi decenni del successivo, uno dei momenti più importanti per le sorti della cultura visiva del Settecento. Un’attività che copre un periodo lungo più di cinquant’anni e testimonia perfettamente la svolta dell’arte veneziana a cavallo dei due secoli con l’evoluzione di una sensibilità artistica di calibro internazionale che si aggiorna continuamente in rapporto al gusto estetico dei più rilevanti centri europei come Firenze, Venezia, Vienna, Londra e Parigi.
Sebastiano Ricci viene messo a bottega a Venezia molto giovane ma la sua reale formazione avviene a Bologna al principio degli anni Ottanta del Seicento. Ben presto lo si trova a Parma a lavorare per Ranuccio II Farnese e infine a Roma, sotto la sua stessa protezione, con frequenti viaggi di lavoro anche tra Milano e Pavia.
Dopo il secondo matrimonio e la sistemazione in pianta stabile a Venezia, Ricci consolida, commissione su commissione, la carriera di pittore, certo favorita dal curriculum farnesiano. La fama del bellunese varca ben presto i confini italiani: nel 1702 Sebastiano si trova Vienna, al servizio del futuro imperatore Giuseppe I d’Asburgo (1678-1711), impegnato nella decorazione del soffitto della sala degli Specchi nella reggia di Schönbrunn. Nel 1711 segue il nipote in Inghilterra per l’importante commissione della decorazione nella cattedrale londinese di Saint Paul mentre nel 1717 ottiene la consacrazione in Francia.
Artista di elevato livello culturale, anche se autodidatta, una volta arricchitosi e ammirato da tutti decide di investire i suoi guadagni nell’acquisto di terreni agricoli nell’entroterra veneto e in un appartamento alle Procuratie Vecchie dove crea un frequentato cenacolo di artisti ed eruditi.
Anche grazie al suo savoir-faire, Ricci fu uno dei pochi pittori dell’epoca ad ottenere il privilegio di trattare direttamente con i propri committenti, da Ranuccio II Farnese duca di Parma al Gran Principe di Toscana Ferdinando de Medici ai Colonna di Roma.
IL DIPINTO OGGETTO DI RESTAURO
Fondazione Credito Bergamasco ha affidato ad Antonio Zaccaria il restauro di una delle tre tele commissionate a Sebastiano Ricci per la Chiesa di San Pietro Apostolo di Trescore Balneario:
San Pietro in carcere liberato dall’angelo (1710 c., olio su tela, 310 x 197 cm.)
Le impegnative opere per Trescore Balneario fanno parte di una commissione di tre dipinti (Cristo consegna le chiavi a San Pietro, La chiamata di San Pietro, San Pietro in carcere liberato dall’angelo) che si colloca nel periodo in cui Ricci è appena rientrato da Firenze e subito prima della sua partenza per l’Inghilterra. È un momento in cui Bergamo era «in penuria di pittori propri» come disse il Lanzi, bisognava quindi attingere a forze “straniere”.
I tre dipinti di Trescore, dei quali non si conosce il contesto di committenza, si trovavano originariamente sulla parete del coro, e vedevano al centro il grande telero orizzontale della Consegna delle chiavi (oggi in sagrestia) e ai lati la Vocazione di Pietro e il San Pietro liberato dall’angelo.
Come narrato dagli Atti degli Apostoli, il dipinto raffigura San Pietro seduto tra le mura del carcere dove era stato imprigionato per volontà di Erode. Un giovane angelo dalla veste rossa e svolazzante plana improvvisamente di fronte a lui svegliandolo di soprassalto e sciogliendogli il vincolo della mano destra mentre la sinistra è ancora dentro il ferro. Uno dei soldati che dovrebbero fare la guardia giace abbandonato nel sonno, mentre l’altro osserva abbagliato e incredulo la divina apparizione. In questa movimentata scena Sebastiano Ricci mostra tutta la sua consuetudine con il teatro d’opera di cui era maestro avendo lavorato sia per apparati effimeri a Parma sia come impresario a Venezia.
Ricci crea la magia di una pièce teatrale attraverso una pennellata ricca e impastata di luce che imprime alla narrazione un intenso dinamismo spaziale e plasma particolari suggestivi: la mano dell’angelo mentre delicatamente trattiene quella di Pietro, appena liberata, la cui unghia del pollice si illumina di una minuscola pennellata bianca; l’ombra che si proietta sulla veste del Santo dal prezioso blu di lapislazzuli, l’epidermide tesa e compatta dell’angelo, resa viva da innesti di rosso che si colgono meglio da lontano, non appena la retina dei nostri occhi è in grado di amalgamarli piacevolmente con il resto dell’incarnato.
Al fine di velocizzare il lavoro, per la figura in primo piano il Ricci fa ricorso, con qualche variante, ad un elemento ben codificato nel suo repertorio, quello della figura accasciata in primo piano con le braccia ripiegate sotto la testa, impiegato poco tempo prima anche a Firenze, nella decorazione di palazzo Marucelli.
IL RESTAURO DI FONDAZIONE CREBERG
«Sebastiano Ricci – sottolinea Angelo Piazzoli - è stato un protagonista di spicco del Settecento europeo; abbiamo deciso di esporre a palazzo Creberg, al termine dell’eccellente restauro, questo magnifico dipinto che merita di essere ammirato, prima della restituzione alla sua Chiesa, in Trescore Balneario».
Il delicato intervento è stato eseguito da Antonio Zaccaria – con la Direzione di Angelo Loda, funzionario della Soprintendenza di Bergamo e Brescia – in stretta correlazione con l’ente proprietario. Sui dettagli dell’intervento si sofferma il restauratore incaricato da Fondazione Creberg: «Il dipinto è stato fortunatamente risparmiato, durante la foderatura realizzata negli anni Sessanta dalla bottega bergamasca degli Steffanoni, dal passaggio insistito di ferri da stiro sulla superficie. Al tatto e in luce radente, infatti, sono ancora ben percepibili le creste materiche della stesura pittorica, così caratteristiche dell’impetuoso segno riccesco. Tuttavia, si è rivelato necessario consolidare diffusi sollevamenti di preparazione e di materia pittorica.
Uno spesso strato di vernice vegetale inscurita e ingiallita alterava e ottundeva non solo la ricca gamma cromatica ma anche i drammatici risalti chiaroscurali, ritornati in luce durante un’accorta e selettiva pulitura, seguita da stuccatura e integrazione pittorica nelle lacune e, infine, da una verniciatura con protettivi di nuova generazione».
Continua Antonio Zaccaria: «In parallelo, le indagini tecniche e diagnostiche, hanno svelato gli ingredienti di una tavolozza sontuosa che non lesinava l’impiego del costoso blu di lapislazzuli, con cui Ricci impreziosisce la veste di San Pietro. Il cinabro è invece l’ingrediente principe del manto rosso dell’angelo, ombreggiato con velature di lacca finissima, chissà se di quella che Ricci chiedeva al nostro Fra Galgario, scambiandola con ottima biacca veneziana. Restituito dall’intervento a una piena leggibilità, oggi il dipinto di Trescore è una sintesi significativa dell’estro creativo e della grande lezione di libertà materica e pittorica che hanno fatto del pittore bellunese il riconosciuto innovatore della pittura veneta del XVIII sec., aprendo la strada al genio di Giambattista Tiepolo».
L’ESPOSIZIONE DELL’OPERA RESTAURATA
Il dipinto restaurato sarà visibile nel Salone Principale del Palazzo Storico del Credito Bergamasco dal 13 giugno al 4 luglio 2024 (nei giorni feriali, dalle 9 alle 13). Ingresso libero.