Dalle cucine, dalle dispense e dai deschi italiani proviene, forse da sempre, un deciso profumo identitario, un richiamo irresistibile di alimenti e piatti da difendere strenuamente contro ogni sorta di “imitazione”. La cucina della mamma, della nonna, della zia, di casa o anche solo del paese natio racchiude un universo culinario che crediamo “nostro” e solo nostro, forse perché rimanda a ricordi d’altri tempi, peraltro spesso non vissuti direttamente poiché solo tramandati dalla memoria orale dalle stesse mamme, nonne, zie o voci di paese.
Quando, viaggiando o gustando cibi qua e là, incontriamo piatti simili ai “nostri” per ingredienti, preparazione, nomi o modalità di consumo, ci stupiamo quasi come se ci dicessero che c’è davvero vita su Marte.
Al grido “l’abbiamo inventato noi!”, spesso perdiamo di vista la reale dimensione storica, sociale e antropologica nella quale i “nostri” prodotti, ricette e tradizioni culinarie si sono originati, costruiti ed evoluti fino alle versioni che conosciamo oggi.
Questo volume, con una decina di saggi conditi da un pizzico di auto-ironia nazionale, ci guida in un breve ma esemplificativo tour dello stivale italiano, noto per i suoi innumerevoli campanili e forse poco conosciuto per le altrettante e autoreferenziali pentole o, per meglio dire, usanze a tavola.
Violenza di genere: installata una panchina rossa a Chiavenna
Prima Sondrio poi Sondalo, quindi Morbegno e ora a Chiavenna: sono quattro le panchine rosse installate nei Presidi dell’Asst Valtellina e Alto Lario, a rappresentare