di Valerio Bettoni*- *Presidente ACI Bergamo
Quando si parla di pedoni vittime della strada, la parola più usata nella titolazione sui giornali e nei notiziari radio-tv-social è “strage”. Idem quando si va in internet. Le cifre purtroppo stanno a confermare, con un continuo appesantimento delle statistiche per morti e feriti. A Milano è deceduta una donna di 84 anni, investita da uno scooter: tredicesimo pedone a perdere la vita in un incidente sulle strade cittadine (purtroppo le cronache dicono che attraversava fuori dalle strisce pedonali). Secondo il report dell’ASAPS Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, in collaborazione con Sapidata, dall’inizio del 2023 al 17 settembre scorso, totale 260 giorni, erano 294 i decessi di pedoni morti in strada. Un ulteriore dato indicava che 189 erano gli uomini e 105 le donne e 146 avevano più di 65 anni. Fra le regioni, Lazio in testa con 48 decessi, poi Campania con 35, Lombardia 32, Veneto 28 ed Emilia Romagna 27. E intanto il numero è ancora salito: 3 soltanto in Lombardia negli ultimi giorni, più una donna di Brugherio investita mortalmente a Roma.
Appare chiaro a tutti che non è possibile assistere indifferenti a questa ecatombe di quelli che sono gli utenti più vulnerabili delle strade. La lingua batte dove il dente duole e purtroppo i denti che fanno male sono tanti, come l’Automobile Club di Bergamo non si stanca di evidenziare, sollecitando interventi e maggiore responsabilità da parte di tutti e di ciascun utente.
Fra gli indiziati principali degli incidenti che avvengono ogni giorno sulle strade, a parte i comportamenti di ogni singola persona che si mette in strada, a piedi o su un qualsiasi mezzo, dai monopattini ai camion, c’è in assoluto la carenza di controlli. Questa è una delle prime cause che sono all’origine degli eccessi di velocità, dalle città fino all’ultimo paese, nessuno escluso. In molti paesi, peraltro, non c’è continuità di vigilanza, in alcuni manca il vigile e questo autorizza molti a licenze intollerabili per le conseguenze che poi ricadono su incolpevoli. Le altre cause sono state pluridenunciate dall’AC: dall’inosservanza della segnaletica stradale, “bruciata” con normale impudenza, all’abuso di bevande alcoliche, all’assunzione di sostanze stupefacenti fino alla crescita delle distrazioni al volante, soprattutto per smartphone e tecnologia moderna diversificata.
Nessuno è virtuoso per DNA: a indurre alla prudenza e al rispetto del codice c’è e deve essere applicata la certezza della pena per chi trasgredisce, mettendo a rischio l’incolumità personale altrui. L’inefficienza di base, a qualsiasi livello, è colpa: e qui si colloca la necessità che le forze dell’ordine siano messe in condizione di esercitare controlli più sistematici sul territorio.
Se si vuole un’efficace riforma del codice della strada occorre partire proprio da qui, individuando e colpendo chi sulla strada pensa di poter fare ciò che vuole.
La contravvenzione è un linguaggio universale e la severità è il primo efficace deterrente. La sicurezza va garantita a tutti e si traduce anche in salvaguardia dell’incolumità con un corollario di altri vantaggi, si pensi soltanto ai costi sulla sanità, nell’interesse primario di tutti. Anche dell’immagine del Paese agli occhi degli stranieri. È il caso di ricordare che nel 2021 il tasso di mortalità in Svezia è stato del 18,5 e in Italia del 48,6, mentre in Germania è stato del 44,7 e In Francia del 45.
Una nazione faro per le scelte di mobilità, che lo scorso anno ha avuto un tasso di mortalità del 18,5, superata solo da Malta (17,4), che ha una rete stradale non paragonabile. L’Italia è tredicesima, con un tasso al 48,6, poco sopra la media generale (44,7). Meglio di noi la Germania (30,9) e la Francia (45). L’Europa punta al traguardo della “Vision Zero” – cioè nessuna vittima – entro il 2050.