La nomination di Bergamo, inserita nella rete mondiale delle città creative dell’Unesco per la gastronomia è fresca di pochi giorni. Confidando nel successo della candidatura il Festival del Pastoralismo attualmente in corso in città, aveva programmato in tempi non sospetti un evento sul tema. Esso diventa di fatto il primo appuntamento operativo in terra orobica di un progetto che presenta enormi potenzialità. Sabato 9 novembre 2019 (ore 10 presso la Sala Pubblica di Porta Sant’Agostino, viale della Mura) ci saranno attorno al tavolo Robero Amaddeo, consigliere del Comune di Bergamo, Renato Ferlinghetti dell’Università di Bergamo, Francesco Maroni dell’Associazione San Matteo “Le Tre Signorie” e Roberta Rotondo di ITKIUS (International Traditional Knowledge Institute US). A guidare la discussione aperta al pubblico sarà Michele Corti, docente dell’Università di Milano e presidente del Festival del Pastoralismo.
L’incontro vuole chiarire il significato del riconoscimento UNESCO ottenuto a Parigi nelle ultime settimane e dell’opportunità da esso presentata per la città e per le Orobie. E’ infatti grazie alle Orobie e alla loro incomparabile ricchezza di tradizioni casearie e delle relative conoscenze tradizionali che l’Unesco ha emesso il verdetto favorevole a Bergamo.
“Non tutti sanno – sottolinea Corti – che l’Unesco valorizza il ruolo delle conoscenze tradizionali, dei saperi informali, delle pratiche agricole e artigianali non come “folklore” ma come motore di economie circolari e sostenibili. Tradizione e creatività come nesso inscindibile. Ecco perché la chiave del progetto che ha portato al riconoscimento Unesco, frutto di un lavoro di quindici anni è un “protocollo di intesa” ricco di soluzioni innovative per mantenere la montagna viva e per fornire prospettive economicamente sostenibili. Creare nuova economia preservando conoscenze e pratiche tradizionali, paesaggi, patrimoni culturali materiali e immateriali è la sfida appassionante che dovrà vedere città e valli, pianura e montagna, territori bergamaschi, lecchesi, valtellinesi perseguire uniti l’obiettivo di valorizzare il ruolo di città e territori creativi, della partecipazione alla rete mondiale delle città creative, della visibilità che tutto ciò può assicurare un volano di sviluppo”.
“Il Festival del Pastoralismo – aggiunge Corti – partecipa con entusiasmo a questi programmi orgoglioso di aver portato, con le sue iniziative, un contributo culturale non marginale al riconoscimento Unesco. Sottolineando il nesso tra la transumanza dei bergamini e la ricchezza della tradizione casearia orobica sono state infatti spiegate in modo credibile sul piano storico le ragioni del rivendicato primato caseario orobico.
Un territorio relativamente ristretto come quello delle Orobie può vantare decine di tipologie casearie, frutto della convergenza di più fattori: culture ancestrali fortemente orientate al pastoralismo e alla trasformazione del latte; presenza di pascoli e di un clima adatto; prossimità alle città e alle direttrici dei trasporti. Una delle chiavi della complessa e variegata tradizione casearia orobica è da ricercare nell’esperienza storica della transumanza bovina dei “bergamini”, una forma di transumanza evolutasi per differenziazione dalle più “classiche” transumanze medievali tra le valli e la bassa pianura lombarda, basate in prevalenza sulla pecora (da latte) e sullo svernamento in aree incolte. La transumanza dei “bergamini”, a differenza di altre, presuppone una forte interazione con l’agricoltura e una forte accentuazione dell’economia casearia”. Tornare alle origini è senza alcun dubbio una sfida (vincente) che guarda al futuro.
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