Nuova mostra itinerante di Fondazione Creberg CI-BOH! – Antonio Mangone

Si inaugurerà sabato 22 febbraio 2025, presso il Palazzo Storico del Credito Bergamasco, la prima tappa della mostra dell’artista Antonio Mangone (Bergamo, 1955) dedicata al tema del cibo.
Nell’occasione, Fondazione Creberg offrirà al pubblico uno straordinario concerto di “Ensemble Locatelli” dal titolo “Beethoven, Schubert e il Mozart ritrovato: trii per archi” – Musiche di Ludwig van Beethoven, Franz Schubert, Wolfgang Amadeus Mozart.
L’esposizione resterà aperta fino al 21 marzo 2025 e presenterà 35 opere – distribuite tra il Salone Principale e il Loggiato del Palazzo – di cui 12 grandi tele realizzate appositamente, nel corso del 2024, per gli spazi del Palazzo.

Nella storica sede di Palazzo Creberg, dal 22 febbraio al 21 marzo 2025, il pubblico potrà accedere gratuitamente ad un insolito itinerario nella produzione di Antonio Mangone con opere sul tema del cibo e dell’alimentazione, eseguite dal 2011 ad oggi. La mostra, dal titolo “Ci-boh!”, è curata da Angelo Piazzoli, Tarcisio Tironi e Paola Silvia Ubiali.
«Nell’ambito del nostro percorso di valorizzazione dell’arte moderna e contemporanea, proposto negli ultimi quindici anni nel Palazzo Storico Creberg, attraverso esposizioni (oltre il centinaio) caratterizzate per l’alto livello degli artisti presentati e per la profondità dei temi affrontati – sottolinea Angelo Piazzoli, Presidente di Fondazione Creberg – mi sembra interessante presentare al pubblico un artista schivo e riservato che opera fuori dalle luci della ribalta con un lavoro di grande spessore e di straordinario impatto visivo».

La mostra a Palazzo Creberg
Le 35 opere esposte sono suddivise in sezioni che, con garbo e ironia, affrontano sei diversi argomenti tutti strettamente collegati tra loro. La mostra inizia in Salone con le grandi opere appositamente pensate per Palazzo Creberg; salendo in Loggiato trova posto una selezione di lavori recenti, dalle dimensioni più contenute.

Angelo Piazzoli rileva che «Antonio Mangone è per Fondazione Creberg una “new-entry”, è la prima volta che curiamo una sua mostra. Uomo di poche parole, tende ad esporre con parsimonia, preferendo la qualità piuttosto che la quantità e impegnandosi a dismisura in ogni progetto che gli viene affidato. Nonostante un problema personale lo abbia tenuto lontano dalle tele per diversi mesi, è riuscito a portare a termine l’esecuzione del nuovo ciclo pensato per questa mostra itinerante in tre tappe (Bergamo, Romano di Lombardia e Grumello del Monte) che permetterà ai visitatori di conoscere il lavoro di un professionista serio e capace».

Le opere sono state raggruppate in sei sezioni tematiche – Feste comandate, Grandi tavolate, Esistere per consumare, Cibo spazzatura, Effetti collaterali e Ultima cena – che affrontano alcune delle questioni più scottanti concernenti il cibo e l’alimentazione all’interno della complessa attualità in cui viviamo.

«Fin dall’inizio dei tempi – introduce Angelo Piazzoli – il cibo rappresenta (al pari della lingua, della religione, degli usi e dei costumi) un valore identitario per ogni popolo. È uno degli elementi fondamentali e fondativi di ciò che, in senso lato, definiamo “cultura”, un vero e proprio trait d’union che connette individui e comunità.
Se da un lato il cibo e le pratiche ad esso connesse sono strumenti potenti per rafforzare l’identità di un gruppo e per accrescere il senso di appartenenza dei suoi
membri, dall’altro possono trasformarsi in dispositivi alienanti e divisivi. Laddove le differenze alimentari si manifestano e si scontrano, possono emergere tensioni culturali, sociali, politiche che complicano la convivenza producendo pericolosi effetti collaterali sulle comunità e sulle singole persone».

Mangone, infatti, analizza con sguardo disincantato non solo la questione “cibo” dal punto di vista materiale, ma anche i risvolti più intricati, in particolare le relazioni umane ad esso connesse.
Il punto di vista di Tarcisio Tironi, Direttore del Museo d’Arte e Cultura Sacra di Romano di Lombardia rispecchia questa visione: «Fin dalla nascita, ci nutriamo “di”
qualcosa e mangiamo “con” qualcuno. La parola “pane” simbolo dell’alimento necessario per vivere, certifica che, pur essendo la vita molto di più di un impasto di farina e di acqua, ogni persona dipende da un poco di materia. Il mangiare e bere, però, non si esauriscono nel soddisfare un bisogno biologico, o di un piacere, ma rivelano qualcosa dell’essere umano e del suo desiderio dell’Assoluto».

Le opere
«Le opere esposte – afferma la storica dell’arte Paola Silvia Ubiali – rappresentano un
lucido e spietato esercizio di pensiero sulle contraddizioni che affliggono la società contemporanea nei suoi molteplici aspetti legati al tema del cibo. Con tratti arguti e sarcastici, a volte irriverenti, Mangone invita a riflettere su dinamiche e paradossi della nostra quotidianità, tra consumo, eccesso e celebrazione. Ogni dipinto di Mangone è l’istantanea di un momento, un microracconto di ciò che può accadere
mentre si mangia, si consuma, si chiacchiera a tavola, s’ingrassa o ci si mette a dieta.
L’artista si avvale di un vocabolario espressivo minimale, costruito su forme elementari modellate con colori forti. Questo insieme di “geroglifici” dall’inequivocabile impronta personale, si staglia con semplicità nella sua disarmante schiettezza».
Per rendere il catalogo più fruibile, le opere non sono state ordinate cronologicamente
ma suddivise in varie sezioni.

Feste comandate
Festa e cibo sono inseparabili: se un tempo il Natale segnava la fine del digiuno dell’Avvento, oggi il banchetto è protagonista assoluto, spesso con eccessi e sprechi. Mangone esplora questo tema con ironia critica, puntando il dito sulle situazioni che fanno tingere le feste di malinconia. L’artista non descrive il cibo come simbolo di celebrazione, ma come strumento di riflessione sulla società contemporanea.

Grandi tavolate
Dietro le opere di Mangone si cela la teatralità dei rituali sociali: stoviglie vuote, tavoli instabili e voci sovrapposte evidenziano come l’apparenza spesso superi la sostanza.
Mangone analizza la convivialità moderna, tra speed date e hidden kitchen, dove la tavola diventa spazio di socializzazione ma anche di alienazione. Le sue tele, dense di simbolismi, mostrano il lato più complesso e oscuro di questi incontri, spingendoci a riflettere su ciò che realmente consumiamo: non solo cibo, ma anche tempo, emozioni e relazioni umane.

Esistere per consumare
L’alimentazione misura il benessere di una società e Mangone si chiede se siamo noi a scegliere o è il marketing a guidarci. Scaffali stracolmi e packaging accattivanti ci ipnotizzano, mentre carte fedeltà e raccolte punti trasformano il consumo in un’illusione di convenienza. L’artista, pungente, ritrae questa danza consumistica ricordandoci che la vera libertà sta nel saper dire “no”. Forse la ribellione più grande è riempire il carrello solo di ciò che serve, lasciando gli scaffali a gridare nel vuoto.

Cibo spazzatura
Mangone omaggia il van Gogh del celebre Mangiatori di patate ma usa colori vivaci e un’ironia provocatoria, sfidando il tabù degli insetti commestibili e includendo dettagli disturbanti a suggerire degrado e insostenibilità. L’artista ci spinge a chiederci: sappiamo davvero cosa mangiamo e perché lo mangiamo? Tra piatti accattivanti e dubbi sulla sicurezza alimentare, il cibo si rivela fonte di piacere ma anche di rischio.

Effetti collaterali
Il cibo è un potente mezzo di comunicazione culturale e sociale, riflesso di ideologie e contraddizioni. Oggi convivono due spinte opposte: la celebrazione del cibo come spettacolo e il culto del corpo perfetto, tra ossessione salutista e social media che alimentano insicurezze. Le tele di Mangone, con le modelle “sui generis” e i collage di slogan pubblicitari, smascherano la commercializzazione della salute, denunciando il peso dei canoni estetici imposti. Le sue opere diventano manifesti critici sulla società dell’apparenza e del consumo.

«I lavori di Mangone – conclude Paola Silvia Ubiali – non si limitano a denunciare ma invitano a una riflessione più profonda sulla possibilità di un cambiamento. Le sue opere richiamano la necessità di ridefinire i parametri con cui valutiamo noi stessi e gli altri, superando le logiche di mercato per abbracciare un approccio più umano e autentico verso il corpo, la salute e il cibo».

Al riguardo, Piazzoli segnala che non vi è «nessuna pretesa – né in noi né in lui – di esaustività o di volontà risolutrice di tematiche che, per loro natura, sfuggono ovviamente alla nostra disponibilità; solo il desiderio di approfondire alcuni temi ben delineati nelle sezioni di mostra che – attraverso una maggiore consapevolezza e con l’adozione di comportamenti più virtuosi nel vivere quotidiano – ci inducano a migliorare la nostra esistenza e il futuro del Pianeta. Mi piace molto che – quale persona caratterizzata da essenzialità nel linguaggio e nel comportamento, dà
profondità di pensiero, da visione etica chiara e definita – Antonio Mangone ci richiami simbolicamente, con pochi segni sintetici, ad una maggiore sobrietà».

Ultima cena
L’ultima sezione è dedicata a una libera interpretazione, da parte di Mangone, di un’opera dipinta da Giovan Battista Moroni nel 1569 per la chiesa prepositurale di Romano di Lombardia dove tutt’oggi si trova.

Afferma Tarcisio Tironi «Una sosta sorprendente nel cammino della mostra è la contemplazione della geniale composizione “Ultima cena. Movimenti a grappolo d’uva + il pane”, realizzata da Mangone. La riscrittura del capolavoro del maestro di Albino presenta in primo piano il calice del vino e il pane azimo, a cinque spicchi quasi a ricordare l’intervento straordinario di Gesù che con cinque pani e due pesci, dà da mangiare a più di “cinquemila uomini” (Giovanni 6,10). Il calice e il pane sono posti su un tavolo rosso sangue, dipinto quasi come il prolungamento del corpo del Nazareno mentre sta comunicando ai suoi amici: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi… Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi» (Luca 22,19-20). Il movimento delle mani e dei volti ferma l’istante imbarazzante della reazione degli apostoli, dopo l’inattesa affermazione del Maestro: «Uno di voi mi
tradirà. I discepoli, disposti dal pittore “a grappolo d’uva”, durante il banchetto pasquale ebraico, si guardano e si interrogano, indagano e cercano senza trovare risposte. Lo certifica il grigiore che sta dietro la scena. Secondo l’insegnamento di Gesù, i cristiani nell’eucaristia non si limitano a contemplare e adorare quel pane e quel vino, ma se ne nutrono per esserne radicalmente trasformati così da vivere al meglio la sfera affettiva, religiosa, economica e politica della società».

«Nel nostro cammino – conclude Angelo Piazzoli – già in passato ci soffermammo, con
eventi a Palazzo Creberg, sul tema del cibo con esposizioni dedicate all’arte classica.
Si pensi a “Vanitas” (2007) – con opere strepitose di Vincenzo Campi, Giovan Ambrogio Figino, Fede Galizia, Panfilo Nuvolone – ovvero a “L’oeil gourmand”
(2012), letteralmente “L’occhio ghiotto”, un percorso nella natura morta dal Cinquecento di Campi, al Seicento di Baschenis, al Settecento di Ceruti, all’Ottocento di Tallone, al Novecento di Depero o Morlotti; oppure alle mostre che dedicammo ad Evaristo Baschenis (2006 e 2016) e a Giacomo Ceruti (2011), con i loro splendidi dipinti raffiguranti i più diversi generi alimentari. Ci sembra ora interessante
affrontare nuovamente il tema – attraverso gli occhi e le opere di un artista contemporaneo – per porlo all’attenzione del pubblico che ci segue, coinvolgendo nel nostro percorso itinerante persone e comunità, con una particolare attenzione alle giovani generazioni».

L’artista. Nota biografica
Nasce a Bergamo nel 1955 e, dopo aver conseguito il diploma presso il Liceo Artistico di Bergamo frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Alterna all’attività di pittore l’insegnamento di discipline artistiche organizzando laboratori espressivi per tutte le età. Dal 1979 è presente regolarmente ad esposizioni collettive, personali e concorsi di pittura ottenendo segnalazioni e premi, tra cui il 2° premio al Concorso Nazionale di pittura di Novara e partecipa a rassegne tra le quali il “Premio Michetti” su invito del critico Philippe Daverio.

Dal 1981 al 1996 è presente alle rassegne nazionali di “Humor Graphic” su invito dell’architetto Luciano Consigli. Seguono pubblicazioni di suoi disegni sulle riviste “L’Espresso” e “Amica”. L’artista costruisce il proprio linguaggio su due elementi
essenziali: la vena umoristica e la passione per la pittura; procede per cicli pittorici che
affrontano tematiche legate al sociale, in modo particolare al rapporto uomo-ambiente
urbano. Ogni argomento viene esaminato in maniera tragicomica, attraverso una pittura prevalentemente espressionista.

Dal 2002 si susseguono i cicli pittorici: “I vivi e i morti” sequenza di figure in cui non è più riconoscibile chi è vivo e chi è morto; “I Santi”; “I Bagnanti” in cui i villeggianti (popolo di urbani consumatori) nudi e distesi sulle spiagge sovraffollate appaiono come degli ammalati sui lettini d’ospedale. Segue la serie delle “Donne al Supermercato” che fanno la spesa nude come alibi per poter caricare, a maggior ragione, il carrello. Nella serie “Le Psicologhe e Assistenti Sociali della terza, quarta, quinta…. circoscrizione” affronta i temi dell’alienazione e della malattia mentale mostrando interesse per la pittura di Jean Dubuffet e l’Art Brut.

A partire dal 2005 con le “Zone Urbane” i dipinti si riempiono di segni, simboli e tracciati che danno vita a delle mappe sia fisiche che mentali, in questo contesto si inserisce la serie “I viaggiatori di Milano” in cui masse di individui effettuano percorsi
metropolitani obbligati scomparendo e ricomparendo nello scenario urbano.

Dal 2017 inizia la serie “Tanti Corpi” in cui affronta la tematica delle relazioni tra corpi umani, corpi artificiali e prodotti industriali, che si sviluppa poi con il ciclo di dipinti “KONSUM!”. In questa fase viene preso di mira il consumismo con tutte le ripercussioni negative nei vari campi: della pubblicità, dell’alimentazione, nel mondo della moda. Lentamente la pittura di Mangone procede per “regressioni” attraverso un disegno primitivo e infantile dove il colore diventa protagonista; in questa operazione di sintesi nascono le serie “Condomini” e “Auto nel parcheggio” dove entrambi i soggetti vengono rappresentati come sagome ingombranti che tolgono spazio al “verde”.

Dal 2023 riprende il ciclo pittorico iniziato nel 2011 con le serie “CIBO NERO” e “CONVIVIVM” nelle quali si evidenziano le difficoltà di relazione tra le persone anche nei momenti conviviali, in contrasto con il senso dello stare insieme, in comunione.

Presentazione – luogo di mostra – orari di apertura – catalogo

La mostra sarà visitabile nel Salone Principale e nel Loggiato del Palazzo Storico del Credito Bergamasco dal 22 febbraio al 21 marzo 2025 (nei giorni feriali, dalle 9 alle 13) con ingresso libero.
Sabato 22 febbraio, con inizio alle ore 16.00, presso il Salone principale si terrà la presentazione della mostra con apertura straordinaria del Palazzo dalle 16.00 alle 19.00.

Nell’occasione, Fondazione Creberg offrirà al pubblico uno straordinario concerto di “Ensemble Locatelli” dal titolo “Beethoven, Schubert e il Mozart ritrovato: trii per archi” con Thomas Chigioni (direzione e violoncello), Émilie Chigioni (violino) e Jérémie Chigioni (viola) che eseguiranno i seguenti brani:

Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)
Trio per archi n°1. in Mib Maggiore, Op. 3 (1796)
Franz Schubert (1797 – 1828)
Trio per archi in Sib Maggiore, D.471 (1817)
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)
Trio per archi “Ganz Kleine Nachtmusik” K.648

A tutti i visitatori verrà consegnato, come sempre gratuitamente, il catalogo edito dalla Fondazione Credito Bergamasco con testi di Angelo Piazzoli, Tarcisio Tironi e Paola Silvia Ubiali.
Dopo l’esposizione a Palazzo Creberg la mostra proseguirà a Romano di Lombardia e a Grumello del Monte.

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