Di nuovo davanti ai cancelli in segno di protesta, di nuovo con le braccia incrociate: questa mattina i lavoratori della Novem Car Interior Design di Bagnatica sono tornati a scioperare per 4 ore e si sono riuniti in presidio, dalle 7.30-9.30, contro la decisione dell’azienda di chiudere lo stabilimento entro fine anno.
L’intenzione di cessare l’attività era stata comunicata il 14 settembre. Intanto ieri, 2 ottobre, la direzione di Novem ha aperto ufficialmente la procedura mobilita per tutti i 96 lavoratori in organico.
Dall’ultimo confronto con i rappresentanti aziendali, lo scorso 27 settembre, Luciana Fratus di FILLEA-CGIL e Massimo Lamera di FILCA-CISL di Bergamo, con i delegati RSU, erano usciti dichiarandosi “fortemente insoddisfatti”. Dopo quell’incontro si erano tenute due assemblee, durante le quali si era deciso di proclamare un nuovo pacchetto di mobilitazione che prevede fino a 20 ore di sciopero. Quella odierna è la seconda iniziativa di mobilitazione relativa a quel pacchetto, ma numerose altre ore di astensione dal lavoro erano già state svolte nei giorni successivi all’annuncio della chiusura. Al momento, in totale, le ore di sciopero sono state già 28.
“L’azienda è rimasta irremovibile sull’opportunità di richiedere l’ammortizzazione sociale. Non vuole sentirne parlare” avevano spiegato Fratus e Lamera dopo il faccia a faccia con la controparte. “La direzione si è seduta alla trattativa solo con la proposta di rimodulare l’incentivo economico all’esodo, prevedendo un incremento per nulla dignitoso”.
Il prossimo confronto è in calendario per giovedì 5 ottobre.
La progressiva diminuzione del numero dei dipendenti è in corso già da diversi anni: al gennaio del 2021 risale l’annuncio del taglio di circa 60 posti di lavoro, esuberi che vennero poi notevolmente ridotti e legati a mobilità volontaria incentivata dopo lo svolgimento di una serie di scioperi. Il taglio era seguito al trasferimento di alcune linee produttive e processi (carteggio-legno, lucidatura, verniciatura, fresatura e iniezione PUR) nello stabilimento di Žalec in Slovenia. Dopo quella fase, in provincia di Bergamo erano rimasti solo i reparti di assemblaggio e spedizione. Ancora prima, nel 2020, alcuni esuberi erano ugualmente stati gestiti con esodo volontario e Cassa integrazione.