Un’importante e complessa operazione antibracconaggio è stata messa a segno da parte della
Polizia provinciale di Bergamo, grazie alla segnalazione dei volontari dell’associazione CABS
(Committee Against Bird Slaughter), organizzazione che opera in ambito internazionale per il
contrasto del bracconaggio agli uccelli selvatici, circa la presenza di attività illecita di uccellagione
a Mozzanica in orario notturno, con l’uso di reti e richiami acustici a funzionamento
elettromagnetico, mezzi vietati in quanto particolarmente efficaci al fine di attirare l’avifauna
selvatica per catturarla.
A seguito della segnalazione il comandante Matteo Copia ha attivato una squadra che si è recata
sul posto in orario notturno, e insieme ai volontari ha individuato il luogo esatto da cui giungevano i
suoni riconducibili a richiami acustici elettromagnetici con tutte le precauzioni del caso, attraverso
un lungo avvicinamento a piedi e senza l’uso di dispositivi luminosi per non rivelare la propria
presenza. Nei pressi di un appezzamento di terreno coltivato a granoturco è stato individuato un
capanno e grazie alla termocamera, prezioso strumento in situazioni notturne, avuta la conferma
della presenza di persone all’interno del capanno, si attendeva l’uscita delle stesse per il controllo
delle reti per cogliere i responsabili sul fatto. L’autore dell’attività illecita si rivelava un singolo
individuo, che veniva subito fermato e al quale venivano contestati il reato di uccellagione con due
grandi reti della lunghezza di mt. 12 e 13 ed altezza di mt. 5 e con l’uso di mezzi vietati consistenti
in due potenti richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, reato per il quale è prevista la
sospensione della licenza per 10 anni.
La persona,un cacciatore residente nella Bassa Val Seriana, aveva montato le reti con un sistema di
pali telescopici infilati in un impianto fisso di tubi interrati, metodo che ne consentiva un rapido
montaggio ma che ne ha rivelato l’uso ripetuto nel tempo. Nelle stesse vi erano già catturati due
tordi mentre un altro esemplare veniva rinvenuto, in una stia apposita per la detenzione di uccelli,
nell’auto lasciata a poca distanza, assieme ad altra attrezzatura collegata all’uccellagione.
Coinvolta direttamente nell’attività illecita, che per la situazione oggettiva riscontrata e stessa
ammissione del fermato, si protraeva da tempo e aveva portato alla cattura di altri uccelli, risultava
essere una seconda persona, titolare del capanno di caccia utilizzata come base e depositaria degli
uccelli, suo parente residente nell’hinterland bergamasco.
Visto quanto accertato e stante le premesse per ulteriori accertamenti sui luoghi, sentito il
magistrato di turno si procedeva alla perquisizione delle abitazioni delle persone coinvolte, nei due
comuni di residenza: in particolare nell’abitazione del secondo soggetto venivano trovati, detenuti
in gabbie nello scantinato adiacente al garage, 60 richiami vivi appartenenti alle specie Tordo
bottaccio e Tordo sassello Merlo e Cesena, tutte specie soggette anche a traffico illecito dato
l’elevato valore commerciale, per alcune specie anche intorno ai 300 euro, in quanto utilizzate per
richiami nella caccia da appostamento fisso. Da un esame preliminare era evidente che 36 di questi
erano o privi di anellino inamovibile, comprovante la legittima provenienza, o con anellini
visibilmente larghi e amovibili.
Nel garage inoltre venivano rinvenute altre 4 grandi reti con relativi pali telescopici di sostegno, 7
richiami acustici a funzionamento elettromagnetico nonché materiale legato al traffico di uccelli da
richiamo: 156 anellini destinati alla “legalizzazione” degli uccelli e come strumenti atti alla
contraffazione, quali 1 kit di dilatatori per allargare e 4 pinze per il restringimento degli anelli.
Gravi risvolti anche in materia di armi: nel garage risultavano detenute 13 fucili e armi comuni da
sparo di cui 7 regolarmente riposte mentre 6 non adeguatamente custodite: erano infatti sparse in
varie parti dei locali e alla portata di persone conviventi non abilitate al maneggio delle stesse.
Inoltre dal controllo delle armi effettivamente detenute e la denuncia esibita emergeva che due non
risultavano denunciate ed una mancante. Si configuravano quindi anche i reati di omessa custodia e
detenzione abusiva di armi comuni a sparo, imputazioni per le quali è prevista anche la revoca
definitiva della licenza di caccia.
Proseguono intanto le indagini legate ai possibili risvolti dell’operazione effettuata, sia riferite al
traffico illegale di avifauna che per responsabilità in materia di armi. A questo proposito è
importante l’invito ai cacciatori ad evitare “incauti acquisti” da pseudo-allevatori che non sono altro
che bracconieri a scopo di lucro: controlli su tali richiami comporterebbero peraltro per gli stessi
sanzioni e sequestri degli uccelli.
Tanto si comunica per la rilevanza pubblica dell’informazione, segnalando che il fascicolo versa
nella fase delle indagini preliminari e che opera a favore degli indagati la presunzione di non
colpevolezza sino all’eventuale sentenza di condanna definitiva.
“Si conferma l’impegno della Polizia Provinciale volto tutela delle specie selvatiche ed al rispetto
delle norme che ne regolano la caccia, sia con interventi inusuali e particolarmente impegnativi
come quello posto in essere, che nel servizio ordinario svolti con la medesima professionalità “
commenta il Consigliere provinciale con delega alla Polizia provinciale Juri Imeri.
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