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Migliora il clima di fiducia, ma la corsa dell’inflazione preoccupa le imprese

Dopo il panico dello scorso anno, causato dall’esplosione dei costi dell’energia, il clima di fiducia delle imprese del terziario bergamasco mette a segno un deciso miglioramento, in linea con il dato nazionale. La fiducia nell’economia italiana sale a quota 43 recuperando ben 17 punti rispetto all’autunno 2022. La previsione per il prossimo autunno è di un suo assestamento a 42, un punto in meno dell’attuale. L’indice bergamasco è migliore di 4 punti rispetto a quello nazionale. È questa una delle principali evidenze emerse dall’Osservatorio congiunturale Ascom Confcommercio commissionato a Format Research con focus sull’andamento delle imprese del terziario. Non mancano zone d’ombra e preoccupazioni per le imprese con l’inflazione che galoppa e rappresenta ormai una sorta di “tassa occulta” per gli imprenditori , con previsioni di ulteriori aumenti per il prossimo semestre.

Il sentiment resta positivo sopra la media per il solo settore dei servizi e sopra i 10 addetti, in media per il commercio e per le imprese sopra i 2 addetti e nettamente sotto per il settore turismo e fino ad 1 addetto.

Cresce anche la fiducia nell’andamento della propria impresa: l’indicatore sale a 48 (8 punti in più rispetto a ottobre 2022). Tuttavia la previsione in vista dei prossimi mesi è che l’indice si stabilizzerà a 47, un punto in meno dell’attuale. I bergamaschi sono più ottimisti della media degli imprenditori italiani che si attesta a 45. Di molto sopra la media è l’indice del settore dei servizi e quello delle imprese sopra i 10 addetti. Un po’ sopra la media anche l’indice del commercio. Sotto la media resta l’indice del settore turismo e quello delle imprese fino a 9 addetti.

L’indice dell’andamento dei ricavi è salito a 48 (+5 punti rispetto a quello dell’autunno). Le previsioni da qui a sei mesi indicano che l’indicatore si assesterà a 47. Pur cresciuto, l’indice delle imprese del terziario orobico è più basso di quello nazionale, arrivato dallo stesso punto di partenza fino a 51.

L’indice è sopra la media per i servizi e il commercio e quello delle imprese dai 10 addetti a salire. E’ sotto la media per il turismo e per imprese fino a 9 addetti.

L’indice dell’andamento occupazionale delle imprese del terziario orobico è migliorato rispetto a ottobre 2022 ed è passato da 47 a 51. L’assestamento per il prossimo autunno è peggiorativo con la perdita attesa di 4 punti. Il dato è più alto di quello nazionale che è 46 sebbene le previsioni a sei mesi dovrebbero portare l’indice nazionale a 49 e superare quello bergamasco.

L’indice è sopra la media per il settore dei servizi e per il commercio e per le imprese dai 6 addetti. E’ nettamente sotto la media per il settore del turismo e per le imprese micro e fino a 5 addetti.

Le imprese del terziario bergamasco segnalano l’allungamento dei tempi di pagamento che è ulteriormente peggiorato per il 35% delle imprese. L’indice si è posizionato a 33 perdendo un punto rispetto all’autunno 2022, anche se la previsione dovrebbe riportarlo a 35 nel prossimo semestre.

I prezzi praticati dai fornitori dopo la corsa degli ultimi mesi registrano una leggera frenata. L’aumento è dichiarato dal 68,9% delle imprese contro l’82% rilevato nello scorso autunno

Negli ultimi sei mesi i prezzi rilevati all’acquisto dai propri fornitori sono aumentati  per il 68,9%; invariati per il 30,9%. Solo lo 0,1% li trova “diminuiti”.   Le previsioni per il secondo semestre dell’anno è che i prezzi saranno ancora in crescita per il 72% degli imprenditori.

Nel corso del 2022, a seguito dell’aumento del costo dei fornitori la maggior parte delle imprese ha aumentato i prezzi di vendita, anche se i rialzi di listino riguardano quasi la metà meno degli aumenti subiti. Gli imprenditori hanno deciso in larga misura di assorbire questi costi per non affossare i consumi.  Nel dettaglio durante il 2022  il 29,5% delle imprese non ha aumentato i prezzi di vendita , contrariamente al 70,5% che si è vista costretta ad aumentare i prezzi di vendita.

 

Di queste il 39,8% ha rivisto i listini in proporzione all’aumento dei costi, mentre quasi il 30% ha ritoccato il minimo possibile i prezzi ( il 18,7% In misura inferiore all’aumento dei costi, il 12% in misura molto inferiore all’aumento dei costii Negli ultimi sei mesi un’ impresa su quattro ha registrato un contraccolpo dell’inflazione sui suoi ricavi, con una riduzione degli stessi. Nel dettaglio negli ultimi sei mesi se per il 53,1% delle imprese il livello dei ricavi è rimasto invariato, per il 46,9% l’impatto si è fatto sentire (sia in negativo che in positivo). Il 9,6% ha registrato una riduzione sia dei ricavi sia della clientela e il 16,6% ha registrato una riduzione dei ricavi ma non della clientela. Non manca però il risvolto positivo con un 20,7% che ha registrato un aumento dei ricavi.

Del 21,8% delle imprese che avevano pianificato investimenti ( poco più di una su cinque) ben un terzo rinuncerà o rimanderà agli investimenti e un altro terzo li effettuerà solo in parte. Nel dettaglio: il 34% effettuerà regolarmente gli investimenti, mentre il 36% lo farà solo in parte. Il 21% rimanderà a tempi migliori gli investimenti previsti, mentre il 9% vi rinuncerà. Resta ancora elevata in generale la percentuale di chi non aveva pianificato alcun investimento.

Dalla perdita di margine fino alla riduzione del personale, la corsa dell’inflazione non risparmia le imprese. L’impatto previsto per la propria impresa: va dalla riduzione dei margini (29%) al peggioramento della liquidità (19%), dalla riduzione dei ricavi (19%) a quella di forniture in quantità (8%), da una riduzione della clientela (7%) alla variazione degli investimenti programmati fino a quella del personale (4%).

 

 

 

 

 

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