«La coesistenza tra essere umano e lupo è praticabile, ma unicamente se accompagnata da una sorveglianza continua, da una reale profilassi e da una conduzione del fenomeno calibrata sulle specificità territoriali. È fondamentale trovare un punto di equilibrio tra la gestione agricola, le azioni di contenimento e un monitoraggio costante della popolazione di lupi.» Questa è la posizione espressa dai consiglieri regionali di Fratelli d’Italia Carlo Bravo, vice presidente della Commissione Agricoltura, Giorgio Bontempi e Diego Invernici, in riferimento al convegno “Attenti al lupo!”, promosso dall’intergruppo di lavoro “Grandi Carnivori” e tenutosi OGGI, 8 maggio, presso Palazzo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia.
L’evento ha visto la partecipazione di esperti, ricercatori, allevatori e rappresentanti istituzionali al fine di analizzare la diffusione del lupo in Lombardia e proporre strategie operative per una pacifica convivenza. Nelle stesse ore del convegno, il Parlamento Europeo ha votato il declassamento dello status di protezione del lupo da “particolarmente protetto” a “protetto”.
La disamina prende le mosse da un dato storico accertato: la popolazione del lupo, scomparsa dalle Alpi agli inizi del Novecento, ha ripreso la sua espansione a partire dagli anni ’90. Tale ripresa è stata favorita da fattori quali lo spopolamento delle zone interne, la direttiva Habitat del 1997 e una crescente protezione normativa. Attualmente, il lupo è presente in tutte le aree alpine, incluse le zone collinari e perfino pianeggianti, con una chiara progressione verso est.
«È imprescindibile – dichiarano i consiglieri – che la gestione del lupo sia demandata alle Regioni, come già avviene in altre nazioni europee. L’Europarlamento ha approvato la retrocessione del lupo da specie “rigorosamente tutelata” a “protetta”, un passaggio fondamentale che consente finalmente una gestione più aderente alle necessità delle collettività locali».
Per i consiglieri regionali di FdI, l’intento non è certamente l’eliminazione del predatore, bensì un approccio veritiero e scientifico, che tenga in considerazione l’impatto sugli allevatori, sui pastori e su coloro che vivono e lavorano in montagna. «Il ritorno del lupo – proseguono – ha mutato profondamente le pratiche pastorali. Le misure di salvaguardia degli animali implicano oneri, procedure burocratiche e un considerevole aumento del carico di lavoro. L’attuale sistema di indennizzi risulta inadeguato».
Un ulteriore aspetto cruciale è quello della profilassi: «Dobbiamo adoperarci per evitare che la coesistenza si trasformi in conflitto. Il lupo è un predatore estremamente versatile, capace di stabilirsi anche in aree urbanizzate e di sfruttare risorse di origine antropica. È necessaria una strategia regionale di osservazione attiva e interventi concreti basati su dati scientifici, non su principi ideologici».
Infine, Carlo Bravo, Giorgio Bontempi e Diego Invernici rammentano che la proliferazione del lupo si inserisce in un contesto più ampio, dove anche gli ungulati – come i suidi – si stanno avvicinando sempre più ai centri abitati per sottrarsi ai predatori. «Non è agevole trovare spazio per tutti – concludono – ma proprio per questo dobbiamo affrontare la questione con responsabilità e previdenza, senza proclami, ma con strumenti efficaci per assicurare sicurezza, tutela della biodiversità e sostegno alle comunità rurali».
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