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L’informazione attraverso la carta stampata, una crisi che non sembra voler finire

Pur in presenza di un lieve recupero la stampa italiana continua ad attraversare un momento decisamente negativo. Se i giornali nazionali rispondono a logiche legate ai grandi gruppi e quindi continuranno ad esistere anche solo come strumento di pressione, godendo di corposi contributi statali,  la stampa provinciale e locale non ha saputo dare risposte adeguate al massiccio avanzare della informazione online che è sicuramente più fresca e più attuale. Quante delle notizie che abbiamo pubblicato, ad esempio, nella giornata di oggi troveranno spazio e commento sui quotidiani in edicola domani? E allora, qual’è il motivo per cui sarei interessato ad acquistare un giornale che risulta già vecchio ancora prima di nascere?  La scelta che adottammo ormai 28 anni fa, quando decidemmo di fare un giornale di grande diffusione e gratuito, si manifesta come vincente ed attuale a distanza di così tanto tempo. Senza essere obbligati a sbattere in prima pagina gli scandaletti di quartiere o dare voti a destra e a manca per animare una discussione alimentata solo con il fine di vendere una copia in più.

Pubblichiamo una scheda aggiornata di quane sono le copie dei quotidiani venduti in Italia e se volete conoscere quanti soldi pubblici finiscono, malamente, tra le fauci della stampa leggete qui sotto

All’inizio di febbraio il Dipartimento per l’informazione e l’editoria, che fa parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha pubblicato l’elenco definitivo dei cosiddetti “contributi pubblici diretti” versati dallo Stato ai giornali per l’anno 2021. Come spiega il sito del dipartimento, l’obiettivo di questi contributi è quello di «sostenere l’attività editoriale di quotidiani e periodici in osservanza del principio del pluralismo dell’informazione, con particolare riguardo alle voci informative radicate nelle realtà locali». Ai contributi all’editoria possono accedere varie tipologie di quotidiani e periodici, a patto che «esercitino unicamente un’attività informativa autonoma e indipendente di carattere generale». Tra queste rientrano cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro o imprese editrici di quotidiani espressione di minoranze linguistiche. La ripartizione delle risorse avviene tenendo conto di una serie di fattori, come i costi sostenuti dalla pubblicazione e la sua diffusione.

In totale i contributi assegnati dallo Stato per l’anno 2021 hanno superato i 30 milioni di euro, di cui quasi 27,5 milioni di euro sono andati a quotidiani e periodici diffusi in Italia. I soldi rimanenti sono andati, tra gli altri, a pubblicazioni diffuse all’estero o di associazioni di consumatori. Nel complesso le realtà beneficiarie sono state 180.

Nel 2021 il quotidiano che ha ricevuto più soldi di tutti è stato il Dolomiten, pubblicato in lingua tedesca in Trentino-Alto Adige. Al Dolomiten sono stati assegnati quasi 6,2 milioni di euro, al lordo delle ritenute. Al secondo e al terzo posto ci sono rispettivamente il settimanale Famiglia cristiana e il quotidiano Avvenire, entrambi di ispirazione cattolica, con 6 milioni e circa 5,6 milioni di euro. Con 4 milioni di euro a testa, Italia oggi e la Gazzetta del Sud si posizionano in quarta e quinta posizione. Due quotidiani noti a livello nazionale sono invece in sesta e ottava posizione: stiamo parlando di Libero (quasi 3,9 milioni di euro) e del manifesto (3,3 milioni di euro). Il Foglio, con quasi 1,9 milioni di euro di contributi, è il primo quotidiano fuori dalla top 10, in undicesima posizione.

Quotidiani come il Corriere della Sera, la Repubblica, La Stampa, Il Sole 24 Ore e Il Fatto Quotidiano non usufruiscono dei contributi pubblici di questo tipo. Tutti i giornali, però, hanno comunque agevolazioni per l’acquisto della carta per la stampa.

Rispetto al passato, negli ultimi anni la possibilità di accedere ai contributi pubblici all’editoria è stata via via ridotta dalla politica. Come spiega un recente dossier della Camera dei deputati, dal 2017 sono stati esclusi dai contributi gli «organi di informazione di partiti o movimenti politici e sindacali», i «periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico» e le «imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa»

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