Con il termine di vertigini si intende una sensazione di movimento oscillatorio o rotatorio, anche se in realtà il soggetto si mantiene perfettamente fermo.
Si distinguono 2 tipi principali di vertigini, in base al tipo di movimento percepito: vertigini oggettive, quando il paziente ha la sensazione che l’ambiente giri intorno al proprio corpo e vertigini soggettive quando si ha la sensazione che sia il corpo a ruotare o ad oscillare all’interno dell’ambiente. Quasi sempre le vertigini si associano ad altri sintomi: nausea, vomito, sudorazione profusa.
Un’altra classificazione è quella che distingue le vertigini in centrali e periferiche.
Le vertigini centrali che sono le più temibili, ma fortunatamente anche molto più rare, sono dovute a patologie ischemiche, tumorali, tossiche o traumatiche dell’encefalo, soprattutto della parte posteriore, che comprende il cervelletto ed il tronco cerebrale.
Molto più frequenti e con una prognosi nettamente migliore sono le vertigini periferiche che possono essere dovute a patologie del labirinto (organo dell’equilibrio situato nell’orecchio interno) o del nervo vestibolare che trasmette le informazioni provenienti dal labirinto fino ai centri nervosi del cervello e del cervelletto.
Le vertigini periferiche possono essere quindi provocate da labirintiti (infiammazioni o infezioni di natura virale o batterica).
La forma più frequente di vertigine periferica è la Vertigini Parossistica Posizionale Benigna (VPPB). Per capire come si origina questo tipo di vertigine è necessario fare un accenno alla conformazione del labirinto (organo dell’equilibrio).
Il labirinto è composto da tre canali semicircolari (orientati nello spazio a percepire l’accelerazione rotatoria del capo) ripieni di un liquido chiamato endolinfa e rivestiti internamente di cellule dotate di ciglia che sono dei recettori deputati a percepire gli spostamenti del corpo nello spazio. I canali semicircolari sono collegati a due organi, l’utricolo e il sacculo (deputati alla percezione dell’accelerazione gravitazionale ovvero della gravità). Questi ultimi contengono particolari cristalli, gli otoliti. Potremmo definirli come dei microcristalli che se si staccano dalla loro sede in seguito a spostamenti del capo, migrano nei canali semicircolari, vanno a stimolare erroneamente i recettori, causando improvvise e intense vertigini.
La vertigine posizionale benigna ha una insorgenza improvvisa ed è solitamente scatenata da bruschi movimenti della testa. La vertigine dura fino a quando i microcristalli persistono nei canali semicircolari e termina quando gli otoliti si depositano nel sacculo o nell’utricolo da cui si sono staccati.
Per accelerare quindi la remissione della sintomatologia si deve ricorrere a delle manovre, eseguite solitamente da un’otorinolaringoiatra, definite manovre liberatorie, che consistono in particolari movimenti della testa eseguiti dal medico che sono in grado di far depositare i cristalli nel sacculo o nell’utricolo.
Un’altra forma, più rara, di vertigine periferica è quella associata alla malattia di Menière. E’ una malattia alla cui base vi è un aumento di volume dell’endolinfa (idrope endolinfatico) che si manifesta con un calo di udito (ipoacusia) fluttuante associata a vertigini oggettive improvvise, della durata variabile da 20 minuti fino a 12 ore, seguite da una rapida soluzione clinica.
Esistono in commercio farmaci che possono ridurre l’intensità delle vertigini come la betaistina (microser, vertiserc), la cinnarizina (arlevertan fluxarten) e farmaci utili per ridurre i sintomi associati alle vertgini, come la nausea ed il vomito: metoclopramide (plasil) domperidone (peridon).
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