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Le varianti del coronavirus

L’obiettivo del coronavirus Sarscov 2 non è quello di provocare una malattia letale, in quanto così facendo determinerebbe la morte dell’organismo che lo ospita e che gli permette di vivere, di replicarsi e di propagarsi.
Lo scopo principale delle varianti del coronavirus che sono originate da mutazioni del materiale genetico, che per il Sarscov 2 è l’RNA, è invece quello di aumentare la contagiosità e quindi la velocità di propagazione nella popolazione.
E’ questa una strategia comune a molti virus: per esempio il virus dell’epatite C, per il quale non esiste ancora un vaccino, mentre esiste una terapia nuova e molto efficace contro l’epatite provocata da questo virus, ha dato origine a molte varianti o genotipi.
Anche il papilloma virus, principale fattore di rischio per il tumore del collo dell’utero, si presenta sotto forma di parecchie decine di genotipi.
Un altro tipo di virus che modifica ogni stagione il proprio materiale genetico è il virus dell’influenza, tanto che ogni anno è necessaria la preparazione di un vaccino sempre diverso.
Esistono attualmente nel mondo 3 tipi principali di varianti del coronavirus: la variante Inglese, la Sudafricana e la Brasiliana. Le mutazioni genetiche di queste varianti permettono di ottenere una modifica della proteina spike, quella proteina che permette al virus di penetrare all’interno della cellula ospite, dove poi si replica molto velocemente.
La variante Inglese è apparsa per la prima volta nel Regno Unito nel mese di dicembre, con un picco all’inizio di gennaio 2021, dall’11 al 24 gennaio è stata quindi osservata una tendenza decrescente, a seguito dell’implementazione di rigorose misure di controllo sanitarie e di distanziamento sociale. E’ una variante che ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto agli altri ceppi virali circolanti, mentre non è ancora stata dimostrata una maggiore aggressività della malattia. Ma è ovvio che se esiste una maggiore possibilità di contagio, saranno più numerosi anche i malati e quindi, non in percentuale ma in numero assoluto, anche i casi gravi.
Anche per le varianti sudafricana e Brasiliana, che è stata isolata per la prima volta in Giappone da viaggiatori provenienti dal Brasile, è stata dimostrata una maggiore diffusibilità e una maggiore propensione alla reinfezione, sono ancora in corso studi invece per valutarne una eventuale maggiore aggressività della malattia.
Fortunatamente i test diagnostici a nostra disposizione (tampone molecolare) sono in grado di evidenziare anche la presenza delle varianti è in corso di verifica se questo valga anche per il tampone rapido. Inoltre anche tutti i vaccini si sono dimostrati efficaci anche sui virus mutati, fa eccezione la variante Sudafricana per la quale il vaccino di Astra Zeneca sembra avere una efficacia ridotta.
In Italia, in questi ultimi giorni, sta circolando soprattutto la variante inglese.
A seguito di ciò il ministero della salute in data 31/01/2021 ha diramato una circolare inviata a tutto il personale sanitario dove, in estrema sintesi, si invitano i medici, qualora si sospetti la presenza della variante Inglese a:
1) Eseguire un tampone molecolare ai contatti (sia ad alto che a basso rischio) il prima possibile.
2) Prolungare la quarantena dei contatti a 14 giorni, senza l’opzione del tampone di uscita al 10^ giorno, con esecuzione sistematica invece del tampone molecolare al 14° giorno.
3) Estendere la ricerca retrospettiva dei contatti oltre le 48 ore e fino a 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del caso (o della data di esecuzione del tampone se il caso è asintomatico).

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