Due grandi tele (ben cinque metri d’altezza) che rappresentano S.Alessandro, patrono della Diocesi e della città di Bergamo, sono installate in via definitiva da alcune settimane nella prepositurale di San Pietro a Scanzo. Sono opera dell’artista Ivano Parolini di Gandino, che le ha realizzate nel 2021 a ricordo della tragica pandemia da Covid 19, presentandole allora nella Basilica di Sant’Alessandro in colonna a Bergamo. Collocate lungo le due navate centrali, le opere sono giunte a Scanzo grazie al parroco don Severo Fornoni e per il prezioso tramite di Luciano Carminati.
“Il Sant’Alessandro di Parolini – scrive Giuseppe Frangi nel testo critico – è un’immagine coerente – con quello che le notizie storiche ci tramandano di Alessandro: era soldato della legione Tebea, dal nome della città dove era nato alla fine del III secolo (Tebe, in Egitto): la legione, composta da circa 6.600 uomini, era al servizio dei romani ma era composta da cristiani copti. Quando l’imperatore Massimiano aveva ordinato loro di perseguitare le popolazioni convertite nel Vallese, in Svizzera, gran parte dei soldati disattesero quel comando e in molti vennero martirizzati. Tra loro anche Alessandro, che rivestiva il ruolo di vessillifero. Secondo la tradizione un primo tentativo di uccidere il santo fallì: infatti i soldati dell’imperatore che dovevano procedere alla sua decapitazione a Milano, si spaventarono perché quel condannato appariva loro grande “come un monte”. Qualche tempo dopo la condanna venne eseguita a Bergamo, davanti a quella che oggi è la Basilica di S.Alessandro in Colonna.
“Le premesse – aggiunge Frangi – sono necessarie per capire il significato di questo grande omaggio al santo: lo vediamo a cavallo, mentre imbraccia il vessillo, disegnato con un grande giglio, come quello che sarebbe spuntato sul luogo del suo martirio. Il cavallo si alza imperioso sulle gambe anteriori e Alessandro lo asseconda in questa mossa, con la quale il santo sembra chiamare tutti ad una sorta di resurrezione collettiva. Il Sant’Alessandro infatti parla ad un popolo che viene da una grande prostrazione. Sulla tela Ivano Parolini ha innestato i segni concreti del dolore di tutti questi mesi. Infatti i colori con la quale è stata dipinta sono mischiati a materie come la calce, la terra, la cenere e il catrame che richiamano materialmente l’esperienza vissuta. In questo modo l’artista ha voluto stabilire un collegamento molto intenso tra il destino di martirio del santo patrono e il destino “di martiro” di chi ha visto la propria vita spezzata dalla pandemia. Ma il segno che l’opera lancia è soprattutto un segno di risorgenza e di speranza. Le dimensioni lo indicano: cinque metri di tela sui quali la pittura di Ivano Parolini si slancia appassionata senza paura”. Ivano Parolini, come detto, ha realizzato due tele, fra loro “gemelle” e di eguali dimensioni, lasciando che sulla seconda lavorasse una sua interpretazione, incisiva e profonda. La seconda tela, pure esposta in via definitiva nella parrocchiale di Scanzo “è una variante più interpretata – spiega Frangi – dove i neri prevalgono, le vibrazioni della materia pittorica si fanno più drammatiche. È un’immagine più marcatamente “pandemica”, dove la sensibilità inquieta dell’artista trova libertà di manifestarsi. Per noi che la guardiamo è un memento di ciò che è stato”.
LA MAGIA DEL NATALE AVVOLGE LIVIGNO
L’inizio della stagione invernale non parla solo di attività adrenaliniche, ma anche di un momento dell’anno in cui la tradizione si fonde con l’incanto alpino: