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In montagna il rischio è un fattore altamente soggettivo ma ci sono alcuni elementi che non vanno mai sottovalutati: uno di questi è il buio.

Nelle ore notturne, persino nelle condizioni migliori di tempo e di terreno, i tempi d’intervento possono prolungarsi di parecchio e tutte le operazioni diventano più complesse. Se poi si aggiunge la presenza di ghiaccio in ambiente impervio, l’esposizione alle basse temperature che di notte scendono ancora di più e l’imperizia tecnica e comportamentale, basta davvero poco per rimetterci la vita. Non solo: i soccorritori stessi, per quanto preparati, equipaggiati e organizzati, vengono messi a repentaglio, perché il rischio zero non esiste.

È delle ultime un intervento svolto completamente in notturna, dove due sci-alpinisti sono stati soccorsi dalla mezzanotte all’alba e portati in salvo solo grazie all’intervento congiunto di CNSAS e Rega Svizzera. Negli anni scorsi, con le stesse condizioni ambientali, è capitato purtroppo che in una sola giornata, in interventi diversi, abbiano perso la vita ben cinque persone.

In questi giorni il Soccorso alpino lancia appelli costanti, in quanto le condizioni meteorologiche recenti hanno determinato la presenza di estese aree ghiacciate. Inoltre, su Alpi Retiche, Adamello e Orobie Centrali il rischio di valanghe, secondo il bollettino di Arpa Lombardia, resta marcato (indice di valore 3 su 5). I veri esperti e comunque le persone di buon senso sanno molto bene che cosa fare ma anche che cosa non fare. Chi va in montagna deve farlo con la massima consapevolezza e valutare se sia il caso di tornare indietro: la rinuncia è una grande conquista perché spesso significa tornare a casa vivi.