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La transumanza vuole entrare ufficialmente nel novero dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità da tutelare. A Parigi è stata infatti presentata all’UNESCO la candidatura di questa pratica d’allevamento che prevede la migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che si spostano da pascoli situati in zone collinari o montane (nella stagione estiva) verso quelli delle pianure (nella stagione invernale) percorrendo le vie naturali dei tratturi. L’iniziativa è stata presa dall`Italia, come capofila insieme a Grecia e Austria, che ha avviato formalmente il processo di valutazione internazionale che vedrà coinvolto un organo di esperti tecnici indipendenti prima della definitiva decisione da parte del Comitato di governo dell`UNESCO nel novembre 2019.

In Lombardia la transumanza è una pratica ancora assai diffusa nell’allevamento ovino, soprattutto nella bergamasca (nella foto: transumanza in Valcanale) oltre ad essere una interessante realtà per i risvolti produttivi, ecologici e di protezione della biodiversità animale. Consente infatti di migliorare gli ambienti naturali in quanto utilizza per il pascolo degli animali aree marginali non coltivate altrimenti destinate all’abbandono, preserva il fragile equilibrio ambientale e idrogeologico, svolge un’azione di contenimento della vegetazione invasiva e infestante incrementando la biodiversità vegetale, la stabilizzazione ecologica dell’ambiente, il mantenimento economico-produttivo in vastissime aree di agricoltura marginale.

Secondo dati ISTAT relativi al VI censimento dell’agricoltura realizzato nel 2010, la Lombardia risultava essere la regione del nord-ovest con il numero maggiore di capi: gli ovini allevati superavano le 105 mila unità su un totale nazionale di 6,7 milioni di capi (classifica capeggiata dalla Sardegna con 3 milioni). La provincia di Bergamo registrava più di 40 mila capi seguita da Brescia (oltre 23 mila), Como (7 mila), Sondrio (6,5 mila). Forte la componente di allevamento transumante (i 2/3 del totale): molte delle pecore delle aziende classificate “montane” trascorrono 9 mesi in pianura mentre una buona parte delle pecore “di pianura” appartengono a pastori originari della montagna ma che hanno trasferito la residenza in comuni della pianura (Cremona, Brescia, Milano) o della collina (Monza e Brianza). In estate l’alpeggio vede come area privilegiata la Val Seriana, ma anche la Valle di Scalve e alcune valli laterali della Vallecamonica e la dorsale Trumplino-Camuna. Al momento del censimento l’area dell’estivazione dei greggi transumanti registrava un rinnovato interessamento verso la Valsassina, la bassa e alta Valtellina e l’alta Valcamonica. Queste ultime due aree furono per secoli sedi privilegiate d’alpeggio dove si trasferivano decine di migliaia di pecore.

La razza principe è sempre la Bergamasca/Biellese. La transumanza è effettuata nella maggior parte con automezzi anche se diverse greggi – specie nella discesa autunnale – continuano a spostarsi “a quattro zampe”. L’autotrasporto incide infatti in modo significativo sulle voci di costo dell’allevamento transumante ed i pastori auspicano ancora oggi di poter disporre di vie di percorrenza a piedi “protette”. Perdurano invece i vincoli per l’allevamento transumante che continua a confrontarsi con le limitazioni che da secoli nella pianura vengono frapposti al suo esercizio, come il divieto di pascolo nelle aste fluviali. Inoltre non sempre è facile trovare pascoli estivi sfitti sulle montagne lombarde anche se paiono in aumento segnali di interesse per la presenza dei greggi ovini ai fini del recupero dei pascoli da parte di Consorzi forestali, Ersaf, Comuni divenuti consapevoli del valore del “servizio ambientale” reso dai greggi transumanti, sempre custoditi ed osservanti un preciso piano di pascolo e di mandratura (pratica di concimazione dei pascoli che consiste nel tenere durante alcune notti il bestiame nel tratto di terra che si desidera concimare, spostandolo successivamente e gradualmente in altre zone).

Le greggi vaganti non avendo una dimora fissa, sono formalmente individuate nella residenza del pastore proprietario del gregge. La permanenza degli ovini negli alpeggi inizia a tarda primavera quando i prati si sono liberati dalla neve e si protrae per tutto il periodo estivo fino al ritorno della neve. Poi le greggi tornano nei fondovalle ed in pianura. Questi percorsi non sono casuali ma seguono itinerari storici ben definiti e specifici per ciascun gregge. I capi al pascolo brucano gli arbusti e le essenze prative spontanee e non necessitano per tanto di mangimi o fieni acquistati.

La pecora Bergamasca è una razza ovina di origine lombarda la cui area d’origine è l’Altopiano di Clusone e le contigue valli bergamasche. Pecora molto rustica capace di adattarsi in qualsiasi ambiente, è priva di corna, ha il vello bianco e la pelle rosea, orecchie lunghe e spioventi (dette anche a “papillon”), arti lunghi. Nei maschi adulti il peso si aggira attorno ai 100 kg e nelle femmine raggiunge gli 80 kg. Il censimento ISTAT del 2010 registrava in Lombardia 151 allevamenti vaganti di cui 70 in provincia di Bergamo, 39 nel Bresciano, 8 nel Milanese e in provincia di Varese, 7 a cremona e Pavia. Il resto sparso nelle altre province ad esclusione di Sondrio e Monza e Brianza che non ne registravano alcuno.

 

FOTO VALBREMBANAWEB.COM