Dalla tarda serata del 2 giugno, anche gli under 30 possono prenotarsi per la somministrazione del vaccino anti Covid-19. La campagna vaccinale ha infatti coinvolto anche quella fetta di popolazione che va dai 12 ai 30 anni e che ha maggiormente risentito delle restrizioni pandemiche.
Dopo un anno e mezzo di chiusure e aperture a singhiozzo, di didattica a distanza e incontri solo virtuali con gli amici, il vaccino apre ad una nuova speranza. Quella di tornare alla vita di prima, ai compagni di banco e alle gite scolastiche, alle lauree in presenza e alle pizzate in cui ci si deve restringere per starci tutti.
I giovani non hanno temporeggiato: già qualche ora prima della fatidica ora X, il sito era già sovraccarico di richieste. Fortunatamente i tempi di attesa per la prenotazione non erano eccessivamente lunghi, e con un po’ di pazienza, tutti hanno potuto ricevere il tanto atteso messaggio di conferma. In fondo, dopo un anno e mezzo in stand-by, non sono venti minuti ad intimorire la tanto criticata generazione Z. Quella degli iPhone e dei jeans strappati, degli anglicismi e della musica sempre troppo alta. In questo periodo surreale, però, i più giovani sono stati anche quelli che hanno insegnato a genitori e nonni l’arte di fare le videochiamate, quelli che nei tempi morti hanno dato vita a podcast e altre iniziative, con lo scopo di fare rete e di allontanare quella solitudine che incombeva su ogni singola giornata.
Il vaccino, oltre ad essere uno strumento assolutamente necessario per diminuire i contagi, è anche un grande dispensatore di speranza. Non è solo una dose iniettata in pochi secondi nel braccio, è il desiderio di un ritorno alla vita sociale, alla tanto rimpianta normalità. Dietro ad anticorpi e molecole ci stanno ambizioni, aspettative e progetti di una generazione che si è vista mettere in pausa gli anni movimentati dei grandi cambiamenti, dei salti nel vuoto e delle piccole grandi novità quotidiane.
Diligenti e ordinati, aspettano che una siringa li proietti nel futuro.
Maria Ducoli