Brescia ho visto questa domenica una grande manifestazione multietnica guidata dalla comunità pakistana per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza anche ancora oggi le donne pakistane, e non solo, subiscono nel mondo.
La morte di Sana Cheena, la ragazza venticinquenne cresciuta a Brescia ed uccisa il 18 aprile scorso in Pakistan, omicidio per il quale sono accusati il padre, il fratello e lo zio, ma pare siano coinvolte anche una madre ed una zia, non può passare sotto silenzio né come un semplice “delitto d’onore”. La manifestazione che si è svolta in città a Brescia in piazza Rovetta ha registrato gli interventi di tantissimi giovani, amici e conoscenti di Chema, pakistani e italiani, che hanno ribadito la netta condanna nei confronti dell’omicidio della giovane nata in Pakistan ma cresciuta nel Bresciano. Molto duro l’intervento di Fatima, che conosceva la vittima, e che ha parlato con foga in urdu:«Noi tutti abbiamo ucciso Sana. E sono certa che, tra noi, otto su dieci giustificano l’omicidio».E poi tanti altri interventi di ragazzi e ragazze che hanno ribadito il fatto che Sana è la vittima di una tragedia evitabile, vittima di una mentalità arretrata. Ucciderla non aveva alcun senso, ma l’hanno fatto perché lei conosceva i suoi diritti e avrebbe voluto vivere da donna libera, hanno detto alcuni testimoni che si sono alternati al microfono, doive è emerso anche nell’invito a «non strumentalizzare l’omicidio, che rimane responsabilità di chi lo ha commesso, perché l’Islam è una religione di pace, in cui donne e uomini sono uguali». Un invito a non colpevolizzare una comunità intera perché chi ha ucciso Sana ha un nome ed un cognome: loro l’hanno ammazzata, non la comunità. L’auspicio, gridato a gran voce è la speranza che sia lpultima volta che ci si ritrovi in piazza per condannare fatti come quelli accaduti a Sana e per ribadire che non solo l’islam, ma tutte le religioni, condannano la violenza e gli omicidi