E’ staro rigettato dalla Corte di Cassazione il ricorso presentato dalla difesa di Laura Mappelli, confermando la sentenza della Corte d’appello di Brescia che nell’aprile 2018 aveva ridotto da 14 a 12 anni la condanna dell’ex infermiera ausiliaria della casa di riposo di Albino per tentato omicidio.
La donna era sposata da pochi mesi quando aveva avviato una relazione con un altro uomo, conosciuto nella casa di riposo. Il marito era diventato un ostacolo da eliminare e questo sarebbe stato il movente del tentato omicidio dell’ignaro consorte. La donna aveva dunque messo del triazolam e dell’insulina poco dopo le 9 del 4 dicembre 2015, ma il marito, appena rientrato dal turno, si era accorto che il sapore del caffè appena preparato dalla moglie era stranamente amaro e quando lei era uscita, lui si era seduto sul divano perdendo i sensi, risvegliandosi solo alle 18.30 in ospedale. Al rientro a casa, la donna l’aveva trovato incosciente e in coma diabetico, ma solo dopo un’ora aveva chiamato il 118. Nel sangue dell’uomo le analisi avevano rivelato tracce di triazolam, un ansiolitico, e una dose massiccia d’insulina, pari a circa 300 unità, iniettata dalla stessa donna al rientro a casa. Dopo la condanna in primo grado a 14 anni nel luglio 2017, la Corte d’appello di Brescia, pur ravvisando il «dolo omicidiario», aveva riconosciuto come attenuante il recesso attivo, una sorta di «pentimento» della donna che l’avrebbe indotta a chiamare i soccorsi per salvare la vita al marito. Sulla mancanza di certezze del dolo aveva insistito l’avvocato difensore della donna nel ricorso per cassazione, invocando la riqualificazione del reato in lesioni personali e sottolineando il fatto che pur lavorando in una casa di cura la Mappelli non avrebbe avuto una tale conoscenza dei farmaci da utilizzarli con volontà omicida. Ma la Corte di Cassazione ha sentenziato che “la pena di dodici anni è ampiamente e logicamente motivata, sia sulla base della gravità del fatto, che alla luce della personalità dell’imputato”.