Nonostante il miglioramento delle tecniche diagnostiche e terapeutiche, nonché la presenza in commercio di farmaci sempre più efficaci, le malattie cardiovascolari ed in particolare l’infarto miocardico acuto (IMA), in Italia sono sempre la principale causa di morte.
Per infarto miocardico si intende la necrosi di una parte più o meno estesa di muscolo cardiaco (miocardio) provocata dall’ostruzione di una delle coronarie, arteriole che irrorano, portando nutrimenti ed ossigeno, al miocardio. Le arterie coronarie sono 2 destra e sinistra e la loro ostruzione si verifica per la deposizione di colesterolo, con formazione di placche che possono andare incontro a rottura, provocando quindi la formazione di un trombo con conseguente occlusione rapida dell’arteria. Il sintomo principale dell’infarto è il dolore. Si tratta di un dolore localizzato solitamente in sede sternale, viene riferito come un senso di peso o di costrizione, spesso si irradia al braccio sinistro oppure alla gola o al dorso. Talora però la sintomatologia non è così caratteristica e può succedere allora che il senso di peso venga percepito più in basso, a livello gastrico e siccome quasi sempre nell’infarto è presente anche nausea, vomito e sudorazione profusa, questa sintomatologia può essere confusa con una maldigestione. In presenza di un dolore toracico, soprattutto in un paziente a rischio (diabetico, iperteso, fumatore,obeso) l’unico modo per escludere oppure per fare diagnosi di infarto consiste nel recarsi in un pronto soccorso, dove verrà eseguito un ECG e soprattutto il dosaggio seriato ogni 4 – 6 ore fino a distanza di 12 ore della troponina, una sostanza che si innalza nel sangue in presenza di una necrosi miocardica. La terapia in fase acuta dell’infarto miocardico ha subito dei progressi notevoli negli ultimi 20 anni grazie all’impiego della angioplastica coronarica. E’ una procedura che consiste nell’introdurre un catetere nell’arteria femorale o nell’arteria radiale tramite il quale si raggiunge la coronaria occlusa, si dilata la stessa con un palloncino e si applica uno stent (gabbietta metallica circolare) che permette di mantenere costantemente aperta l’arteria. E’ possibile anche applicare degli stent medicati, cioè che rilasciano costantemente dei farmaci in grado di ridurre la possibilità di richiusura della coronaria. E’ ovvio che questa metodica è tanto più efficace quanto più è tempestiva. La mortalità dell’infarto rimane comunque elevata e il decesso interviene principalmente per 2 motivi: gravi aritmie o shock cardiogeno. Le aritmie più pericolose per la vita sono l’arresto cardiaco e la fibrillazione ventricolare. Lo shock cardiogeno interviene quando la porzione di miocardio che va incontro a necrosi è estesa e quindi in questo caso il cuore perde la sua forza contrattile e non è più in grado di espletare la sua funzione di pompa. Alla dimissione poi il paziente viene comunque messo in terapia con farmaci vasodilatatori, betabloccanti, in grado di ridurre la frequenza cardiaca e il lavoro del cuore, antiaggreganti che riducono la possibilità della riformazione di trombi e statine ad alto dosaggio, farmaci che sono molto efficaci nel ridurre il colesterolo nel sangue ed impedire la sua deposizione nelle pareti delle arterie. Ma come al solito, più importante della terapia è la prevenzione che consiste nell’eliminare o almeno ridurre i fattori di rischio. In questo caso i fattori di rischio si dividono in 2 tipi: fattori di rischio non modificabili e fattori di rischio modificabili. Quelli non modificabili sono 3 : Età, sesso, eriditarietà. Più si sale con l’età più aumenta il rischio di infarto, nel sesso femminile, almeno prima della menopausa, l’infarto è meno frequente, per cui si è supposto un effetto protettivo da parte degli ormoni estrogeni, l’ereditarietà non è ovviamente modificabile, almeno fino ad ora. I fattori di rischio modificabili sono : il fumo di sigaretta, l’ipertensione arteriosa, il diabete, il sovrappeso, la sedentarietà e l’ipercolesterolemia. Sono tutti fattori di rischio modificabili seguendo dei corretti stili di vita ed eventualmente assumendo farmaci antipertensivi, antidiabetici o statine per ridurre il colesterolo, nel caso non sia sufficiente la corretta alimentazione.