Nel prossimo futuro l’Europa dovrà fare scelte fondamentali, che avranno ricadute importanti per il modello agricolo italiano. Per questo, in vista delle consultazioni elettorali del prossimo 26 maggio, Coldiretti Bergamo sottopone ai candidati alcune riflessioni sulle priorità per il settore, come l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli ingredienti agricoli, la difesa delle risorse per l’agricoltura, l’eliminazione del codice doganale per identificare il “Made in”, la revisione degli accordi bilaterali di libero scambio e standard produttivi analoghi per tutti.
“Da sempre l’agricoltura è la spina dorsale dell’Europa oltre che l’unico settore completamente regolato a livello europeo – afferma Alberto Brivio presidente di Coldiretti Bergamo –; per questo vuole vincere le partite globali che si prospetteranno nei prossimi anni. A chi si appresta a rappresentarci nelle sedi comunitarie chiediamo di sostenere le nostre istanze, i veri agricoltori e i consumatori. Non solo perché l’agricoltura italiana in questo lungo decennio di depressione ha svolto una cruciale funzione anticiclica (la produzione agricola nel decennio è cresciuta dell’11,2% e il valore aggiunto agricolo dell’8,6%, l’export l’agroalimentare cresce nel decennio del 70,9% raggiungendo la cifra 41,8 miliardi di euro a fine 2018), ma perché i prodotti del nostro agroalimentare, in virtù della loro chiave distintiva, hanno per l’insieme della reputazione del Paese, un valore simbolico altissimo. E noi chiediamo che questo valore venga difeso”.
Una delle sfide più delicate da affrontare a livello comunitario, è senza dubbio quella della trasparenza in etichetta. Il numero di Paesi che sta andando in questa direzione e l’esigenza sempre più diffusa tra i consumatori di conoscere la provenienza dei prodotti agricoli alla base del cibo che consumano, aprono importanti spazi di manovra ed è una opportunità che va colta.
“A tutti i candidati – precisa Brivio – come primo gesto di sostegno chiediamo di venire nei nostri uffici o nei nostri mercati di Campagna Amica a sottoscrivere la petizione ‘Scegli l’origine’ per chiedere all’Europa di rendere obbligatoria l’indicazione di origine degli alimenti, per proteggere la nostra salute, prevenire le frodi alimentari e garantire ai consumatori il diritto a sapere, in modo chiaro e trasparente, cosa portano in tavola”.
Sempre sul fronte della trasparenza, occorre porre un’attenzione particolare sul codice doganale, che definisce come “luogo di origine” dei prodotti il Paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale e non può più essere una cassetta degli attrezzi con cui costruire opacità. Per ricomporre un quadro di trasparenza verso i consumatori e di sana competizione tra gli imprenditori del settore, bisogna revisionare la classificazione doganale che fa riferimento al principio di ultima trasformazione sostanziale, definendo nuovi sistemi classificatori coerenti con l’esigenza di comunicare al mercato chi, dove e come ha contribuito a produrre quello che mangiamo.
Parlare di Europa inevitabilmente porta a parlare di Brexit. C’è forte preoccupazione nel settore perché c’è il rischio che sia l’agricoltura a pagare il conto dell’uscita della Gran Bretagna o a fare spazio a nuovi interventi europei. Questo non è accettabile. In questo senso serve un impegno esplicito a chi si candida a rappresentare l’Italia in Europa.
“Sul fronte caldo della Politica Agricola Comunitaria – precisa il presidente di Coldiretti Bergamo – riteniamo che questo strumento debba offrire un livello sempre maggiore di servizi ambientali, ma anche premiare i valori economici e sociali generati dall’agricoltura: per queste ragioni è necessario che la ripartizione delle risorse tra i Paesi membri sappia riconoscere il valore delle diverse agricolture dell’Europa, valorizzando criteri come il valore aggiunto e l’occupazione”.
In tema di scambi commerciali, c’è consapevolezza dei benefici che derivano dalla possibilità di eliminare gli ostacoli tariffari e consentire una più fluida circolazione delle merci. Tuttavia anni di conquiste dei consumatori europei non possono essere pregiudicate da meri interessi commerciali. Ciò che non è consentito in Europa perché potenzialmente dannoso per i consumatori, per i lavoratori o per l’ambiente non può essere fatto entrare da un portone laterale. In questo modo si legittimano le condizioni di sfruttamento dei lavoratori e di sovra-sfruttamento delle risorse naturali che vigono in molti dei paesi con i quali intratteniamo rapporti commerciali. Ma non solo, in questo modo si penalizza la competitività degli agricoltori italiani ed europei che operano con maggiori costi e regole diverse.
“Per noi questo è un punto fondamentale – conclude Brivio – : tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei devono rispettare gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Il mondo agricolo ha la volontà di continuare ad essere protagonista di quel processo che ci consente di affermare che l’Europa è “terra di casa nostra”, ma al di là degli slogan elettorali ha bisogno di strumenti adeguati e politiche lungimiranti che ne riconoscano il ruolo e la strategicità”.