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giovani agricoltura

L’agricoltura bergamasca piace ai giovani

Il mestiere incentrato sulla coltivazione della terra negli ultimi anni è diventato sempre più importante in provincia di Bergamo, ha appassionato un numero crescente di giovani e ha raggiunto risultati economici significativi, che hanno dato l’opportunità di svilupparsi anche a numerose realtà di altri comparti collegati, a partire dalle aziende che trasformano le materie prime prodotte dalle imprese agricole fino alle aziende che producono i fattori di produzione o i mezzi meccanici ed elettronici utilizzati per i lavori nei campi e nelle stalle. Senza contare tutto il sistema che ruota attorno al turismo, che trova nel patrimonio enogastronomico e nella bellezza del paesaggio due straordinari motori di crescita. Secondo un’elaborazione di Coldiretti Bergamo su dati Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, a fine 2017, nella Bergamasca, le aziende in agricoltura condotte da giovani fino a 35 anni erano 495 (su un totale di 4.963 aziende attive di agricoltura) e sono aumentate quasi del 10% rispetto al 2016 (quando erano 451), il doppio della media regionale che è stata del 5%.

Questo sta a significare che l’agricoltura non è più vista come l’ultima spiaggia di chi non ha un’istruzione e ha paura di aprirsi al mondo, ma è considerata come una nuova opportunità anche da giovani generazioni istruite e con voglia di intraprendere e innovare. Perché questo avvenga è però fondamentale avere ala disponibilità della risorsa terra.

Purtroppo da tempo ormai su questo entusiasmo pesa come una spada di Damocle il progressivo consumo di suolo, fattore di produzione primario su cui si basa l’attività agricola. Senza terra coltivabile , non ci può essere agricoltura e senza agricoltura, la nostra realtà, come il resto del Paese, subisce pesanti contraccolpi. Basti pensare che il consumo di suolo fa perdere alla produzione agricola italiana 400 milioni di euro all’anno, con pesanti effetti dal punto di vista economico, occupazionale, ma anche ambientale. La disponibilità di terra coltivata significa produzione agricola di qualità, sicurezza alimentare e ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico.

“Alcuni amministratori – sottolinea il presidente di Coldiretti Bergamo, Alberto Brivio – ritengono che la vocazione produttiva di un territorio riguardi solo l’industria, senza considerare minimamente l’agricoltura, un settore che invece meglio di altri ha fronteggiato la crisi degli ultimi anni e ha avuto un ruolo importante sul fronte dell’occupazione”.

Secondo Coldiretti Bergamo, per proteggere la terra bisogna innanzitutto difendere il patrimonio agricolo, adottando scelte politiche ed amministrative che vadano nella direzione di assicurare un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico al ruolo dell’attività agricola.

Al riguardo c’è ancora molta strada da fare, visto che l’ultima generazione è stata responsabile della perdita in Italia di oltre ¼ della terra coltivata (-28%) per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che, negli ultimi 25 anni, ha ridotto la superficie agricola utilizzabile ad appena 12,8 milioni di ettari compromettendo fortemente la nostra sovranità alimentare che la logica di sfruttamento del suolo fertile seguita negli ultimi anni soprattutto nella nostra provincia rischierebbe di farci perdere definitivamente. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra, dal 2016 al 2017 ogni cittadino bergamasco ha perso per sempre 316 metri quadrati di suolo a testa.

“La terra non è una risorsa rinnovabile – ammonisce Brivio –, una volta persa è persa per sempre e quando la distruggiamo cancelliamo anche parte del nostro patrimonio ambientale, culturale ed economico costruito con anni di impegno e sacrifici”.

L’agricoltura bergamasca non presenta solo esperienze di primo piano a livello europeo ma un patrimonio agroalimentare tipico senza eguali. Ricca è l’offerta dei prodotti certificati: 12 prodotti DOP (unica in Europa ad esprimere 9 formaggi, 1 olio e 2 salumi), 26 prodotti agroalimentari tradizionali che si possono trovare esclusivamente sul territorio provinciale, cui vanno aggiunti 14 prodotti che si possono trovare su tutto il territorio regionale e 5 prodotti che si possono trovare su tutto il territorio montano regionale, 1 vino DOGC, 1 vino IGT e 2 vini DOC tutti prodotti caratteristici non solo di grande qualità ma anche di opportunità occupazionali ed economiche per l’intero territorio provinciale.

“Spesso – prosegue Brivio – si pensa di affrontare il tema della sostenibilità realizzando qualche aiuola o posizionando qualche pannello fotovoltaico, ma in realtà si tratta solo di mitigazioni ambientali di un impatto che altrimenti rischierebbe di essere ancor più devastante, i veri interventi di salvaguardia ambientale è il rispetto del territorio naturale e coltivato l’unico reale fattore di rigenerazione ecologica (solo la terra e il mare producono ossigeno e assorbono CO2). Non vogliamo fare della demagogia spicciola. Il nostro è un richiamo a una senso di responsabilità più ampio, che faccia comprendere quanto sia fondamentale il vero rispetto delle risorse ambientali e il concreto riconoscimento di come l’agricoltura ne sia uno dei principali artefici. Poiché nella nostra provincia è già stato dissipata una notevole superficie di suolo fertile, spesso non con una logica di lungimirante sviluppo, ma per una speculazione fine a se stessa, riteniamo che la variante al PTCP attualmente in discussione vada nella giusta direzione in particolare per quanto riguarda la riformulazione degli Ambiti Agricoli Strategici e si sia correttamente posta l’obiettivo di favorire politiche tese all’uso responsabile della superficie agricola e del territorio, con una particolare attenzione a politiche virtuose finalizzate al miglioramento dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini”.

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