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Innovazione sociale e imprenditoriale i cinque punti per generare occupazione di qualità per tutti

Innovazione sociale e imprenditoriale i cinque punti per generare occupazione di qualità per tutti

Promuovere innovazione sociale e innovazione imprenditoriale, attraverso forme inedite di collaborazione tra aziende, imprese sociali e istituzioni al fine di generare occupazione di qualità per tutti. È il messaggio lanciato oggi nel corso del convegno promosso da Confcooperative Bergamo, dal titolo “Produrre valore sociale. Industria e cooperative sociali alleate per un inserimento lavorativo che premia il lavoro”.

Il convegno è stata un’occasione per definire, insieme ai principali attori istituzionali, economici e sociali del territorio, alcune proposte per sviluppare ulteriormente la collaborazione tra imprese ordinarie, cooperative sociali e istituzioni al fine di aumentare le occasioni di lavoro per tutti, così come indicato nella legge Biagi. Oltre a quest’ultima norma, un secondo riferimento è la “Raccomandazione agli Stati membri dedicata all’Economia Sociale”, accordo politico raggiunto il 9 ottobre dal Consiglio Europeo dei Ministri del Lavoro e delle politiche sociali: nel documento una cospicua parte è dedicata al ruolo degli enti dell’Economia sociale nella creazione di posti di lavoro e nell’inserimento dei cittadini più fragili ed esposti ai rischi di esclusione sociale.

L’evento ha voluto essere anche un’occasione per celebrare il ventennale del D.Lgs 276/2003, attuativo della Legge Biagi, che venne adottato nel settembre del 2003, attualizzando gli elementi innovativi di quella riforma del lavoro che introducendo la norma sulle convenzioni ex Art. 14, ha permesso alle aziende di assumere persone con disabilità nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo, assolvendo in questo modo, in via sussidiaria, gli obblighi di assunzione.

Grazie a queste convenzioni si sono ampliate le occasioni di convergenza tra tessuto produttivo ed economia sociale. Lo dimostra ulteriormente “Impact”, progetto innovativo intrapreso da Confcooperative lo scorso anno: un esempio virtuoso di rafforzamento e rilancio dell’alleanza tra industria e cooperative sociali del territorio bergamasco in tema di diritto al lavoro per tutti. Iniziativa che è culminata con la creazione del marchio “Impact” che contraddistingue la cooperazione sociale autentica, caratterizzata dagli elevati standard qualitativi e, pertanto, forma di contrasto di fenomeni spuri.

“Dal Governo massima attenzione ai temi sociali legati all’attività d’impresa – afferma il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone – e più in generale al mondo del lavoro come elemento di aggregazione e non di discrimine per alcune categorie di lavoratori. Fare una riflessione sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità tramite le cooperative sociali, come previsto dalla Legge Biagi e ricordato oggi, va nella direzione di favorire l’integrazione lavorativa di tutti. Affrontiamo una manovra di bilancio non semplice perché ha richiesto molti sacrifici, ma l’obiettivo, per quanto riguarda il Ministero del Lavoro, resta quello di potenziare le azioni avviate e che si andranno a definire nel corso di questi ultimi mesi del 2023”.

“Lavorare in una cooperativa sociale di tipo B, cioè in quelle cooperative impegnate nel reinserimento lavorativo di persone con svantaggio non è un lavoro di serie B – evidenzia Giuseppe Guerini, presidente di Confcooperative Bergamo – L’affermazione nasce dalla convinzione che vada superato un approccio che considera solo come opzione residuale quella di perseguire il diritto al lavoro per tutti e per ciascuno all’interno di un’impresa sociale e, nello specifico, di una cooperativa sociale di inserimento lavorativo. Dal nostro punto di vista, come rappresentanti delle imprese cooperative, siamo convinti che sia necessario una riaffermazione del valore e del senso di ciò che è economia e lavoro: non mera produzione di valore finanziario, ma generazione di valore sociale e individuale in una logica sostenibile anche per le future generazioni. In questa prospettiva siamo convinti che sia importante promuovere innovazione sociale e innovazione imprenditoriale. Riteniamo che vada messo il massimo impegno per promuovere l’individuazione di forme innovative di collaborazione tra imprese ordinarie e imprese dell’economia sociale in modo che, in coerenza con quella logica ESG cui sempre più viene data enfasi, si generi un valore condiviso di natura economica, sociale e ambientale”.

A sostegno di inedite collaborazioni tra enti, relazioni sussidiarie tra istituzioni, imprese e terzo settore sono state portate cinque soluzioni: i progetti di investimento condiviso in cui si ampliano e si diversificano i settori in cui la cooperazione sociale è in grado di operare secondo gli standard qualitativi e di economicità attesi dal mercato; le iniziative di scambio e condivisione di risorse umane, competenze e know-how, diversity management, etc; percorsi e contesti di trasferimento tecnologico; incubazione di impresa e start-up innovative con connotazione sociale; politiche per favorire partnership tra industrie ed enti dell’economia sociale per ridurre o eliminare i processi di delocalizzazione all’estero e/o favoriscano percorsi di reshoring di fasi del processo produttivo e/o di acquisizione all’estero di forniture di beni o servizi.

Il valore creato dall’inserimento lavorativo per i budget pubblici

A dimostrazione del valore sociale ed economico dell’attività delle cooperative di tipo B, nel corso della mattinata, sono stati presentati i risultati dello studio “Il valore creato dall’inserimento lavorativo per i budget pubblici”, commissionato da Confcooperative Bergamo e CSA Coesi a Socialis (Centro studi in imprese cooperative, sociali ed enti non profit) realizzato anche grazie al contributo Camera di Commercio di Bergamo.

Obiettivo dell’iniziativa, in particolare, è stato verificare l’impatto nei confronti della collettività in cui sono inserite, nello specifico rispetto ai bilanci della pubblica amministrazione.

Secondo quanto emerso, ogni persona svantaggiata occupata in una cooperativa sociale di inserimento lavorativo, crea alla pubblica amministrazione un beneficio medio di 1.721,73 euro, in termini di imposte sui redditi versate da parte dei lavoratori con svantaggio, l’Iva prodotta e le spese pubbliche evitate grazie al miglioramento delle condizioni dei soggetti inseriti (servizi sociali e sanitari, reddito minimo da garantire, pensione di invalidità). Questo valore è calcolato al netto dei benefici fiscali riconosciuti alle cooperative sociali. Quindi indica un vantaggio economico effettivo per le finanze pubbliche.

Questo sistema di calcolo denominato Valoris è un modello di valutazione economica basato sull’analisi costi-benefici (messo a punto da Socialis in collaborazione con Università di Brescia e Università Cattolica di Brescia): nello specifico è stata analizzata l’annualità del 2021 di sei cooperative sociali. Nella categoria benefici rientrano le imposte sui redditi versate da parte dei lavoratori con svantaggio, l’Iva prodotta e le spese pubbliche evitate grazie al miglioramento delle condizioni dei soggetti inseriti (servizi sociali e sanitari, reddito minimo da garantire, pensione di invalidità). Sul fronte dei costi, sono contemplate le esenzioni fiscali per le cooperative sociali e i contributi pubblici erogati alle cooperative sociali per il reinserimento delle persone al lavoro.

Identificata la modalità per calcolare il costo per la pubblica amministrazione e per la società di un soggetto svantaggiato disoccupato, basato sul reddito minimo che lo Stato dovrebbe garantirgli per vivere, è stata definita la formula matematica e calcolato il valore complessivo generato.

Le sei cooperative considerate hanno inserito al lavoro 297 persone con svantaggio, generando un valore per la pubblica amministrazione pari al 511.354,47 euro. Il dato è il risultato della differenza tra i benefici creati per la Pa (1.831,552,59 euro) e i costi (1.320.198,13 euro).

Tali risultati confermano il valore che le cooperative di inserimento lavorativo genera verso le persone svantaggiate e verso la collettività. Sia in termini di valore economico, quando si guarda alle risorse pubbliche e al risparmio garantito dall’occupazione dei lavoratori inseriti; sia al valore sociale quando si guarda al benessere e al miglioramento delle relazioni sociali che grazie al lavoro, aiuta a superare le condizioni di svantaggio delle persone coinvolte .

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