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In Italia fino a 9 incidenti su 10 sono provocati da comportamenti scorretti dei protagonisti e cresce il fenomeno dei “bulldrivers”, i “bulli” alla guida. Aumentano gli episodi di condotta “aggressiva” al volante: comportamenti maleducati, scorretti o addirittura violenti che mettono a repentaglio la sicurezza – e spesso anche la vita – degli altri utenti della strada. E ai quali è altamente sconsigliato reagire, nonostante il senso di frustrazione che si prova, per non rischiare di trovarsi coinvolti in situazioni ancor più pericolose per la propria incolumità.

Il dato – allarmante – emerge dall’analisi di Flavio Lucio Rossio, criminologo, docente e vice presidente dell’Unione Italiana Polizia Locale, nel suo libro “Bulldriver. Conducenti che aggrediscono” (Ed. Franco Angeli 2022 per la collana Laboratorio Sociologico), presentato venerdì 21 aprile a Perugia nell’ambito di un incontro di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale tenutosi nella sede della Provincia, realizzato con il patrocinio della Provincia di Perugia e della Regione Umbria nonché delle associazioni impegnate in prima linea per la difesa degli utenti e delle vittime della strada e per la promozione della cultura della legalità. Sono intervenuti Stefania Proietti, presidente della Provincia di Perugia, Enrico Melasecche Germini assessore della Regione Umbria alle Infrastrutture, Trasporti, Opere pubbliche e Politica della Sicurezza Urbana e Polizia Locale, Roberta Ricci, vicepresidente del Consiglio Comunale di Perugia. Al dibattito moderato da Sergio Bedessi, esperto di sicurezza urbana, già comandante di Polizia Locale, giornalista, autore di numerose pubblicazioni, hanno partecipato Gioia Bucarelli, curatrice del libro “La strada e la vita” in ricordo del suo compagno e di tutte le vittime di violenza stradale, Gianmarco Cesari, presidente dell’Osservatorio Vittime e avvocato della Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (A.I.F.V.S. APS), Giuseppe Guccione della Fondazione Luigi Guccione Onlus, e Patrizia Ramponi dell’Associazione Andrea Nardini Onlus, Maristella Mancino, responsabile dell’Ufficio di Servizio Sociale Unità Spinale Unipolare “M. Taramelli” – Azienda Ospedaliera “S. Maria della Misericordia”, oltre all’autore del libro Flavio Lucio Rossio e Alessandro Invernici, giornalista e fondatore dell’Associazione “Ragazzi On The Road”.

Il libro “Bulldriver. Conducenti che aggrediscono” contiene uno studio del fenomeno, con riferimenti statistici, e una serie di proposte per cercare di correggere e prevenire queste condotte antisociali. Un focus in particolare è dedicato al progetto “On the road”, format educativo unico in Italia, nato a Bergamo nel 2007 e attualmente in fase di espansione in altre città della Penisola. L’iniziativa, con la collaborazione delle forze dell’ordine e delle istituzioni e polizie locali, coinvolge ragazzi e ragazze tra i 16 e i 20 anni facendo conoscere e sperimentare loro le attività svolte da forze di polizia e soccorritori, direttamente “on the road”, affiancando le pattuglie sul campo, anche “nei panni” degli operatori del numero unico d’emergenza 112 di cui i giovani dell’associazione sono testimonial.

“BULLI” AL VOLANTE

Ma quali sono i comportamenti dei “bulli” al volante? Non rispettare la precedenza, passare con il semaforo rosso, effettuare sorpassi azzardati, guidare distratti dal cellulare, ma anche ignorare le distanze di sicurezza o eccedere nella velocità: sono solo alcuni degli atteggiamenti di prepotenza e arroganza che le vittime dei “bulldrivers” – neologismo mutuato dal bullismo per identificare i conducenti aggressivi – sono costrette a subire quotidianamente. Individualismo, mancanza di senso civico, crescita dell’aggressività e assenza di empatia sono le cause profonde del fenomeno.

Scrive Flavio Lucio Rossio: “Sulle strade non si corre solo il rischio di essere vittime, spesso incolpevoli, di questi episodi gravi (sicurezza reale). Si assiste infatti a un aumento di quelle condotte di guida frutto di una maleducazione stradale che non sempre costituiscono illecito amministrativo, tantomeno penale, ma che hanno ripercussioni, più o meno pesanti, sulla percezione di sicurezza. Alcune di queste condotte costituiscono una vera e propria manifestazione di aggressività che trae forza anche dalla mancanza di reazione delle vittime, che per quieto vivere o per paura preferiscono sopportare queste piccole grandi angherie. Anche perché riprendere questi bulldriver può scatenare reazioni difficilmente prevedibili”.

La prima causa di incidenti stradali è la “distrazione”, seguita dal mancato rispetto della precedenza e dalla velocità troppo elevata (Rapporto Aci-Istat 2020). Questi tre gruppi – ricorda Flavio Lucio Rossio nel suo libro – costituiscono complessivamente il 40,2% dei casi. Fra le altre cause ci sono la mancanza della distanza di sicurezza, manovre irregolari, mancata precedenza ai pedoni. In realtà considerando un’accezione estensiva dell’aggressive driving che include la mancanza del rispetto dei semafori o dei segnali di stop e precedenza, la guida sotto l’effetto dell’alcol o di stupefacenti, e la guida distratta (es. l’uso del cellulare) la percentuale arriva alla quasi totalità dei casi, comprendendo anche il mancato uso dei sistemi di ritenuta obbligatori.

Anche secondo l’ultimo report dell’Istat, nel 2021 il 92,2% delle cause di incidente (182.294 su un totale di 197.744), praticamente 9 su 10, ha alla base un comportamento scorretto del conducente o del pedone: la distrazione è ancora la prima causa (15,4%), seguita dal mancato rispetto della precedenza o del semaforo (14,3%), e dalla velocità elevata (10%).

A peggiorare la situazione sono comportamenti ancor più pericolosi e devianti come la guida sotto l’effetto dell’alcol o di sostanze stupefacenti. Sempre secondo report dell’Istat nel 2021 il 9,7% e il 3,2% degli incidenti rilevati da Carabinieri e Polizia Stradale è correlato ad alcol e droga, proporzioni in aumento rispetto al 2020, per lo stato di ebbrezza alla guida, e in lieve diminuzione per la droga (9,2% e 3,5%).

Come scrive Rossio, le possibili soluzioni passano non solo attraverso il meccanismo sanzionatorio (si pensi al reato di omicidio stradale o la patente a punti) ma soprattutto attraverso la prevenzione, l’educazione, la comunicazione (le campagne pubblicitarie), la giustizia riparativa, fino a soluzioni tecnologiche come la “safe box” (scatola nera) da installare sui veicoli e idee originali per “umanizzare” il veicolo come il “semaforo empatico”, una barra a led da installare su parabrezza e lunotto posteriore che emetta 4 colori per comunicare un “grazie”, “prego” un “rimprovero” o uno ”scusa”-

IL CASO DEL PROGETTO “ON THE ROAD”

Sulla strada ci sono troppe morti, ogni giorno, e non tutte sono “tragiche fatalità”: si può fare tanto per sensibilizzare i conducenti. Quasi 21.000 i morti lo scorso anno in Europa secondo i dati della Commissione Europea e oltre 1.500 in Italia, nonostante le politiche decennali che negli ultimi trent’anni hanno più che dimezzato il numero delle vittime. I dati degli incidenti sono in aumento rispetto al periodo delle limitazioni alla mobilità dovute alla pandemia da Covid19.

La prevenzione e l’educazione delle nuove generazioni rimangono la strada maestra. In questo fa scuola l’iniziativa “On the road”, un progetto unico in Italia – promosso dall’associazione socio-educativa Ragazzi On The Road di Bergamo – che ha coinvolto, in oltre 15 anni di esperienza, in una ottantina di Comuni della Lombardia, circa 1000 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 20 anni dando loro l’opportunità di calarsi nei panni di agenti di polizia locale, operatori delle forze dell’ordine, di soccorso e di pronto intervento. Indossando pettorine catarifrangenti, i giovani hanno la possibilità di affiancare per alcuni giorni gli operatori, per sperimentare cosa succede e cosa si prova dall’altra parte della barricata, tra coloro che sono impegnati sul fronte della sicurezza. “On the road” nel luglio 2021 ha ricevuto la benemerenza della Provincia di Bergamo per “l’impegno profuso a favore della comunità bergamasca”. Se ne parla in un “case study” dedicato all’interno del libro di Flavio Lucio Rossio.

Spiega il fondatore di “On the road”, il giornalista Alessandro Invernici: “Ci impegniamo nel coinvolgimento e nella contaminazione dei più giovani in un percorso di consapevolezza dei rischi che corrono sulla strada, e non solo, per indirizzarli sempre più verso una cittadinanza attiva e cosciente. Dopo aver coinvolto nei primi anni dell’iniziativa i ragazzi alle prese con gli esami per il patentino, dopo essere entrati nelle scuole per “portare” gli studenti dai banchi in strada e aver reso protagonisti i giovani a fianco delle istituzioni, schierando “on the road” anche i genitori, l’obiettivo delle edizioni più recenti è stato invece quello di attenuare alcuni fenomeni e comportamenti considerati fuori dalle righe. Un’esperienza di sensibilizzazione e di educazione alla legalità che nasce dall’esigenza di agire sulla consapevolezza dei rischi della strada e non solo e far crescere un maggior senso civico nelle nuove generazioni. Se uno dei nostri ragazzi si ferma una frazione di secondo e accende il cervello prima di mettersi alla guida, allora avremo fatto il nostro dovere”.

Ripartire dai giovani, quindi, come segno di riscatto e rinnovata responsabilità, in un’esperienza che “cambia e salva la vita”, soprattutto negli ultimi anni, dopo che la pandemia mondiale ha causato proprio sui giovani nuove fatiche e disagi preoccupanti.

Il presidente di “On the Road”, Egidio Provenzi: “I ragazzi diventano testimonial in prima persona della prevenzione e sicurezza e la fanno loro, trasmettendola ai propri coetanei, perché vissuta in prima persona, sulla loro pelle, a fianco di polizia locale, forze dell’ordine, vigili del fuoco, protezione civile, sommozzatori, Areu e associazioni di soccorso per una cittadinanza concreta, sul campo, a vantaggio di una società migliore”.

“Ragazzi on the road” ha permesso nel tempo a molti giovani di andare sullo scenario di un incidente stradale, di un soccorso, rendersi conto di persona dei rischi, delle conseguenze di una disattenzione o di un comportamento fuori le righe. Ma anche di trascorrere “un giorno da prefetto, un giorno da sindaco” oppure “un giorno in Procura” per rendersi conto di che cosa fanno, e che cosa possono fare, anche con il “nostro” aiuto, le istituzioni pubbliche per la tutela della sicurezza e la promozione della legalità.