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Stefano Rizzi, aveva solo 20 anni il 19 ottobre 2008 quando a Desenzano spinse nel lago Mohammed Charmani, senza tetto di origini marocchine per poi colpirlo con pugni e calci e impedirgli di riemergere.

Al fatto erano presenti anche 4 minorenni. Per i giudici che l’hanno condannato per omicidio volontario a 14 anni in primo grado, 21 in appello, aveva ben chiara la possibilità che la vittima, stremata, perdesse la presa della cima a cui si aggrappava e morisse annegata. Ma nonostante la possibilità di ribaltare il verdetto, nulla cambia: non ci sarà alcun nuovo processo a carico di Rizzi. Pronunciandosi nel merito, lo ha deciso la Corte d’appello di Venezia, che aveva dichiarato sì ammissibile la richiesta di revisione avanzata dal difensore, l’avvocato Benedetto Maria Bonomo, ritenendo ci fossero «nuovi elementi sufficienti per accedervi», valutandoli poi «insufficienti» per revisionare il processo. «Non volevo» ha sempre sostenuto l’imputato, che gli ultimi anni li ha passati tra la cella e la comunità e che fu giudicato «parzialmente capace di intendere e di volere» dal tribunale bresciano che nel 2009 lo processò proprio per l’evasione da una struttura protetta di Orzinuovi. Un vizio di mente confermato da diverse perizie. E che ha portato il legale di Rizzi a chiedere la revisione del processo per omicidio, revisione che non ci sarà. Le motivazioni? Nella sentenza della corte d’appello di Venezia tra 90 giorni.